Turni oltre il consentito: l’Asst Lecco condannata
Elmo (Fp Cgil): “Giustizia fatta, questa sentenza restituisce dignità a chi lavora”

Turni oltre il consentito: l’Asst Lecco condannata. Il Tribunale ha accolto le ragioni presentate dalla Fp Cgil nella vertenza contro l’Asst di Lecco, condannando l’Azienda per aver assegnato a un infermiere di sala operatoria turni di pronta disponibilità in misura superiore a quanto previsto dal contratto collettivo nazionale del comparto sanità 2019–2021. Si tratta, come hanno fatto sapere dalla Cgil Lombardia - di una pratica che il giudice ha riconosciuto come una violazione contrattuale, meritevole di risarcimento.
Turni oltre il consentito: l’Asst Lecco condannata
La sentenza, pronunciata il 7 luglio, impone all’Azienda socio sanitaria territoriale il pagamento di un’indennità oraria pari al doppio di quella prevista contrattualmente (1,80 euro lorde) per ogni turno svolto oltre il settimo al mese, a partire da gennaio 2023. È stato inoltre riconosciuto il diritto all’indennità di vestizione e svestizione, per ogni giornata lavorativa effettuata dal 1° novembre 2022 al 16 gennaio 2025.
La condanna prevede anche il rimborso delle spese legali sostenute dal lavoratore: 1.800 euro per compensi professionali, 49 euro di spese anticipate, più il 15% forfettario, Iva e Cassa previdenza avvocati. Una sentenza che riconosce la fondatezza della vertenza, e inchioda l’azienda alle sue responsabilità.
Il contratto nazionale della Sanità pubblica 2019–2021, all’articolo 44, definisce la pronta disponibilità come una reperibilità su base volontaria, con turni solitamente di 12 ore, limitati a notti e giorni festivi. Il contratto impone un tetto preciso: non più di sette turni al mese per ciascun lavoratore.
“Questo tetto è stato costantemente superato. Tredici turni in un mese, anche durante le festività. La reperibilità non va usata come tappabuchi a oltranza – commenta Teresa Elmo, segretaria generale della Fp Cgil di Lecco –. Questa sentenza dice che abbiamo ragione. La pronta disponibilità non può essere considerata come un obbligo permanente, è un istituto contrattuale, con regole precise”.
Il Tribunale ha inoltre stabilito che l’infermiere aveva diritto a ricevere l’indennità di vestizione prevista dall’articolo 43, comma 11 del contratto, in quanto la divisa, da indossare all’interno della struttura per ragioni igienico-sanitarie, rientra nel tempo di lavoro.
“La vestizione è parte del turno, non un’anticamera gratuita. Ogni giorno, sette minuti di lavoro non riconosciuti, significano una sottrazione sistematica, fatta passare per normalità. Ed è un’ingiustizia che è stata riconosciuta”, rimarca Elmo.
Questo caso individuale ha fatto emergere un problema organizzativo di portata collettiva: turni aggiuntivi imposti come consuetudine, migliaia di giornate di ferie non utilizzate, e letti ospedalieri tagliati per carenza di personale nella stagione estiva.
“A fine 2024, in Asst Lecco sono state accantonate oltre 54.000 giornate di ferie maturate e non fruite dalle lavoratrici e dai lavoratori, con una media di 21 giorni a testa (circa 15 per i profili amministrativi, fino a circa 28 giorni di ferie arretrate per i profili sanitari). A questo si aggiungono oltre 170.000 ore accantonate. Il segno evidente di un sistema che si regge sul sacrificio, non sulla programmazione”, ricorda Elmo.
Già nel 2023 la Fp Cgil Lecco aveva denunciato questa situazione, avvertendo che si era superata una soglia critica. Ora arriva la conferma ufficiale dal giudice.
“Questa è una vittoria che vale da monito – afferma Elmo –. Un’organizzazione sbagliata non danneggia solo chi è più esposto, danneggia l’intero sistema. Spezza i reparti, esaspera le relazioni, logora la tenuta stessa dei servizi. Ma noi non ci accontentiamo di farci giustizia in tribunale. Servono assunzioni vere, turni sostenibili, un’organizzazione che rispetti i contratti e le persone. Perché chi cura, deve essere messo in condizione di farlo. Con dignità, tutele, diritti. Questo risultato – aggiunge la segretaria generale – è stato possibile anche perché il ccnl 2019–2021 poneva un limite chiaro e inderogabile ai turni di pronta disponibilità. Con l’ultimo rinnovo, che la Fp Cgil non ha firmato, quel limite è stato reso più incerto, lasciando spazio a deroghe e margini interpretativi che rischiano di normalizzare l’abuso. È un passo indietro per i diritti. Ragion per cui la nostra lotta dovrà continuare: nei luoghi di lavoro, per impedire che l’emergenza diventi regola; nella contrattazione, per ripristinare limiti certi e tutele vere; nelle piazze e nei tribunali, ogni volta che sarà necessario”.