Alla vigilia della sua prima notte europea sulla panchina dell’Atalanta, Raffaele Palladino si presenta con la calma di chi sa di essere davanti a un passaggio importante della propria carriera. L’esordio in Champions League non è una semplice tappa, ma un banco di prova che arriva in un momento in cui la Dea è chiamata a ritrovare continuità e identità dopo un avvio di stagione fatto di alti e bassi. Il tecnico, però, non lascia spazio a emozioni premature, concentrato solo sulla sfida in casa dell’Eintracht, una trasferta che promette intensità e ritmo già dall’impatto con un ambiente tradizionalmente caldo.
“La parola Champions dà già emozioni ma non c’è spazio per le emozioni, bisogna essere concentrati perché l’Eintracht è una squadra molto forte che fa tanti gol”. Palladino lo ripete con convinzione, consapevole di dover guidare un gruppo che per caratteristiche tecniche e mentalità può esaltarsi in un contesto internazionale. Per questo la componente emotiva, inevitabile per un allenatore che si affaccia per la prima volta sul palcoscenico più prestigioso, viene rimandata al momento del fischio d’inizio: “L’emozione la lasciamo al fischio d’inizio. Mi emoziona vedere i ragazzi che danno tutto ed è quello che mi fa ben sperare. Ho avuto grandi risposte in questi giorni e sono orgoglioso di questi ragazzi. Vogliamo ritrovare il nostro Dna. La Champions ti alza il livello. L’intensità, l’atmosfera, gli stadi rendono tutto più bello e noi dobbiamo alzare il livello sempre. Abbiamo massimo rispetto per l’Eintracht ma noi siamo venuti qui con autostima e possiamo fare una grande prestazione”.
Il percorso che lo riporta su una panchina di Serie A è stato tutt’altro che lineare. Dopo l’addio inatteso alla Fiorentina, arrivato a giugno, Palladino ha vissuto mesi particolari, lontano dal campo ma non dal calcio. Un periodo che gli è servito per crescere e aggiornarsi, come lui stesso racconta con grande trasparenza, trasformando un intervallo forzato in un investimento formativo. “Mi è sembrato di restare fuori un’eternità. Sono stati cinque mesi di grande esperienza personale e professionale. Sono stato tanto in giro, ho studiato l’inglese per lavoro e per me. Sono andato in Inghilterra a vedere allenamenti, l’Arsenal mi ha impressionato. Arteta mi affascina molto. Ho cercato di studiare tanto il campionato inglese e quello italiano perché la speranza era quella di rientrare presto come è successo con l’Atalanta”.
Il ritorno alla guida di un club ambizioso come la Dea rappresenta per lui un’opportunità ideale. Lavorare con un gruppo giovane e dinamico, inserito in un progetto consolidato e strutturato, gli permette di mettere in pratica quei principi assimilati negli ultimi anni, unendo la sua propensione offensiva alle caratteristiche ormai riconoscibili dell’Atalanta europea. Palladino sa che la Champions impone ritmi e intensità che non consentono pause o distrazioni, ma sembra convinto che il suo collettivo possa rispondere presente.
La gara con l’Eintracht diventa quindi più di un debutto: è un test sul carattere, una verifica delle ambizioni e allo stesso tempo un momento in cui il nuovo ciclo nerazzurro può prendere forma. Palladino affronta la sfida con lucidità, fiducia e la consapevolezza che, per crescere a questo livello, serve esattamente ciò che chiede da giorni ai suoi giocatori: personalità, coraggio e la volontà di non lasciare nulla di intentato. La Champions, per lui e per la Dea, comincia adesso.