A Bergamo c'è un modello Atalanta che non riguarda solo il modulo, guai a dimenticarlo

di Fabio Gennari

Maurizio Sarri, uno dei candidati più chiacchierati per la panchina dell'Atalanta, è ormai prossimo alla firma con la Lazio. Il tecnico toscano, quasi coetaneo di Gasperini, va dunque depennato dalla lista dei papabili (se va in una squadra che non fa le coppe è segno che non c'è stata apertura totale per venire a Bergamo).

Al netto del nome buono, delle sue scelte tattiche e di quello che potrà rappresentare per il futuro dell'Atalanta, è giusto ragionare su una realtà come quella orobica, che perderà la sua guida tecnica ma non deve rinunciare alla sua identità, alla sua filosofia, a tutto quello che ha portato in alto grazie al lavoro finale del tecnico.

L'Atalanta in questi anni di grandi risultati ha puntato sempre sulla valorizzazione dei giovani, di giocatori che sono arrivati a Bergamo con tanta voglia di crescere e diventare importanti, non elementi pronti ma ragazzi da far emergere con il lavoro quotidiano. Anche la propensione alla fatica, la voglia di spingersi ogni giorno oltre ai propri limiti e di tirar fuori il meglio sono valori che devono animare i componenti della prossima rosa. E il nuovo tecnico dovrà lavorare nel solco che ha caratterizzato queste ultime stagioni.

Prima dei discorsi tattici viene molto altro. La società è impegnata nella scelta del nuovo allenatore, non è escluso che alla fine esca un nome a sorpresa e c'è da scommettere che le idee siano molto chiare sul profilo da ingaggiare. Anche il tempo che passa, ragionando su chi è libero e chi invece no, va considerato (se punti deciso uno che non è sotto contratto, perché aspettare?), ma prima di tutto bisogna pensare che una Dea terza in classifica, con un gruppo di valore e una società che è pronta (come già fatto in passato) a investire per renderla più forte, ha dei valori che non si possono ignorare.