Vicenza (VI)

Alberto Stefani è il nuovo presidente della Regione Veneto, eletto con il 67,12% di voti in provincia di Vicenza

Il centrodestra ha superato di oltre il doppio il centrosinistra: nel vicentino la Lega ha ottenuto il 38,66% dei voti, Fratelli d'Italia il 18,50% e Forza Italia il 6,24%

Alberto Stefani è il nuovo presidente della Regione Veneto, eletto con il 67,12% di voti in provincia di Vicenza

Il centrodestra conquista nettamente le elezioni regionali, staccando di oltre il doppio il centrosinistra. Ma il dato politico più evidente è l’astensione: più di un veneto su due è rimasto lontano dalle urne.

Alberto Stefani è il nuovo presidente della Regione Veneto

Con tutte le 4.729 sezioni scrutinate, secondo i dati ufficiali del portale EligendoAlberto Stefani, candidato del centrodestra, ottiene il 64,39% dei consensi, pari a 1.211.356 voti, diventando così il nuovo governatore del Veneto.

“Con grande emozione ho ricevuto l’onore di rappresentarvi. Sento dentro di me una forte responsabilità e anche una grande energia. Voglio essere chiaro: metterò al primo posto i bisogni delle persone e sarò presidente di tutti, anche di chi non mi ha votato. E, insieme alle forze della coalizione, che ringrazio, da domani sarò già al lavoro. Con occhi e cuore solo per il Veneto”, ha scritto su Facebook il neopresidente.

Il candidato del “campo largo”, Giovanni Manildo, si ferma al 28,88% con 543.278 voti.

“Il centrosinistra ha invertito la rotta in veneto. Dopo oltre 15 anni di scivolamento torniamo a crescere. Abbiamo piantato il chiodo decisamente più in alto raddoppiando, di fatto, la percentuale di cinque anni fa.

Ora inizia un lavoro importante in consiglio regionale nel quale dobbiamo valorizzare al massimo questo capitale umano e politico: siamo passati da essere opposizione a essere vera e credibile alternativa. Grazie a tutti! Il lavoro inizia adesso!”, ha commentato Manildo su Facebook, dopo gli scrutini.

Più distanti gli altri sfidanti:

  • Riccardo Szumski (Resistere Veneto) raccoglie il 5,13% e 96.474 voti;
  • Marco Rizzo (Democrazia Sovrana Popolare) ottiene l’1,09% con 20.574 voti;
  • Fabio Bui (Popolari per il Veneto) chiude allo 0,51%, pari a 9.590 voti.

Come hanno votato i vicentini

Un risultato che conferma la solidità del blocco di centrodestra nella regione, mentre l’astensione è stata il vero segnale d’allarme di questa tornata elettorale.

In provincia di Vicenza l’affluenza è stata del 45,10%, un calo significativo rispetto alle precedenti elezioni quando si è registrato il 61,8%.

Nella provincia di Vicenza il contributo decisivo alla vittoria del centrodestra arriva dalla Lega – Liga Veneta Stefani Presidente, che si afferma come prima forza politica con 119.680 voti (38,66%) e 3 seggi, risultando il motore principale della coalizione.

Fratelli d’Italia segue con 57.264 voti (18,50%) e conquista 1 seggio, mentre Forza Italia – Berlusconi Autonomia per il Veneto si ferma a 19.306 voti (6,24%), prendendo un seggio.

Restano fuori dal consiglio anche le altre liste della coalizione: Liga Veneta Repubblica V.A. (4.633 voti, 1,50%), Noi Moderati Civici per Stefani (4.257 voti, 1,38%) e Unione di Centro (6.284 voti, 2,03%). Complessivamente, le liste a sostegno di Stefani raccolgono 211.424 voti, pari al 68,30%, e portano in consiglio 5 seggi dalla provincia di Vicenza.

Per quanto riguarda il centrosinistra, la coalizione guidata da Giovanni Manildo ha raccolto in provincia di Treviso 92.509 voti, pari al 26,99%.

Il Partito Democratico si conferma la lista più forte della coalizione con 45.134 voti (14,58%) e conquista due seggi. Ottiene un seggio anche Alleanza Verdi Sinistra, che raccoglie 20.959 voti (6,77%).

Restano invece fuori dalla rappresentanza Movimento 5 Stelle (5.659 voti, 1,83%), le Civiche Venete per Manildo Presidente (3.790 voti, 1,22%), Uniti per Manildo Presidente (3.333 voti, 1,08%), Pace Salute Lavoro – Rifondazione Comunista (1.759 voti, 0,57%) e Volt Europa (786 voti, 0,25%).

Un risultato complessivo che conferma un centrosinistra competitivo ma incapace di colmare il divario rispetto al blocco di centrodestra.