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Corte federale sospende il blocco: i dazi di Trump restano in vigore (per ora)

Bloccata temporaneamente la sentenza che avrebbe annullato le tariffe imposte dal presidente Usa. Dietro la vicenda, cause legali di piccole aziende e tensioni internazionali

Corte federale sospende il blocco: i dazi di Trump restano in vigore (per ora)
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I dazi commerciali voluti dal presidente Donald Trump continueranno a restare in vigore, almeno per ora. La decisione arriva dalla Corte d’Appello americana, che ha accolto un ricorso d’emergenza presentato dalla Casa Bianca, sospendendo temporaneamente una sentenza della US Court of International Trade (CIT), che aveva giudicato illegittime alcune delle tariffe imposte dal tycoon.

Corte federale sospende il blocco: i dazi di Trump restano in vigore (per ora)
Donald Trump

 

La sentenza della US Court of International Trade

Tutto ha avuto origine da una sentenza, emessa nelle scorse ore, della CIT di New York, composta da tre giudici federali: Jane Restani (nominata da Ronald Reagan), Gary Katzmann (nominato da Barack Obama) e Timothy Reif (nominato da Trump). I giudici, all’unanimità, hanno stabilito che il presidente degli Usa non disponeva dell’autorità legale per imporre dazi globali in base all’International Emergency Economic Powers Act del 1977, una legge che non era mai stata usata prima per giustificare l’applicazione di tariffe commerciali.

La sentenza annullava così una parte significativa dei dazi imposti da Trump, tra cui:

  • I dazi del 25% contro il Canada e il Messico motivati da questioni migratorie.
  • I dazi del 20% contro la Cina legati alla crisi del fentanyl.
  • I cosiddetti dazi “reciproci” imposti a vari Paesi.

La Corte aveva concesso dieci giorni all’amministrazione per rimuovere questi dazi. Restavano invece in vigore quelli sull’acciaio, l’alluminio e le auto, giustificati in base alla Sezione 232 del Trade Act, che permette di limitare le importazioni per motivi di sicurezza nazionale.

La risposta della Casa Bianca

La Casa Bianca ha reagito immediatamente, definendo la decisione “chiaramente sbagliata” e accusando i giudici della CIT di essere “attivisti”. In una nota, l’amministrazione ha dichiarato che non spetta a “giudici non eletti” stabilire come gestire le emergenze nazionali.

Il ricorso presentato con urgenza è stato accolto dalla Corte d’Appello, che ha deciso di sospendere la sentenza della CIT fino a quando non verranno esaminati i documenti ufficiali delle parti in causa. In caso contrario, la Casa Bianca aveva già annunciato l’intenzione di rivolgersi direttamente alla Corte Suprema, evidenziando le possibili ripercussioni economiche globali della sentenza.

Donald Trump ha reagito con durezza accusando i “giudici della sinistra radicale” di voler distruggere l’economia americana. Secondo il repubblicano, una rimozione dei dazi porterebbe a una perdita di “migliaia di miliardi di dollari”, danneggiando la sovranità economica degli Stati Uniti.

“Il presidente deve avere il potere di difendere l’America da chi le causa danni economici”, ha affermato.

Anche il consigliere per il commercio di Trump, Peter Navarro, ha promesso una reazione forte:

“Troveremo il modo di imporre i dazi anche se dovessimo perdere in tribunale”.

Le cause legali: dalla piccola azienda vinicola ai giocattoli dell’Illinois

A muovere le acque legali sono state anche alcune piccole imprese americane. Fra i promotori della causa che ha portato alla sentenza della CIT c’è Vos Selections, una piccola azienda vinicola dello Stato di New York. Il fondatore, Victor Schwartz, ha raccontato alla CNN che mai avrebbe immaginato, quando fondò l’azienda 40 anni fa, di finire coinvolto in una battaglia contro l’esecutivo.

Corte federale sospende il blocco: i dazi di Trump restano in vigore (per ora)
Victor Schwartz

“Volevo solo importare vini e venderli. Quando ho saputo del blocco ero incredulo: stavo cucinando la pasta”, ha detto.

Un altro colpo per l’amministrazione è arrivato da un secondo giudice federale, Rudolph Contreras, che ha bloccato i dazi per due aziende dell’Illinois, Learning Resources e hand2mind, entrambe importatrici di giocattoli da Paesi asiatici come Cina, Taiwan, Corea del Sud, Vietnam, Thailandia e India. Anche in questo caso, le società hanno sostenuto che il Congresso non ha mai autorizzato il presidente a imporre dazi in quel modo. Il giudice ha dato all’amministrazione due settimane per presentare appello.

La reazione della Cina

Nel frattempo, anche la Cina ha colto l’occasione per rilanciare la sua posizione contro le politiche tariffarie statunitensi. Il ministero del Commercio cinese, per voce della portavoce He Yongqian, ha invitato Washington a cancellare tutti i dazi unilaterali e impropri. Ha inoltre ricordato come, nei recenti colloqui a Ginevra, Cina e Stati Uniti abbiano mantenuto canali di comunicazione aperti, ma ha ribadito le preoccupazioni di Pechino per i controlli americani sulle esportazioni di semiconduttori.

Il confronto si gioca su più fronti: giudiziario, politico e internazionale. Le prossime settimane saranno decisive per capire se gli Stati Uniti manterranno la linea protezionistica dell’era Trump o se prevarrà l’interpretazione legale che limita i poteri presidenziali in materia di commercio internazionale.