Saluggia ha dovuto dire addio al suo Piergiorgio Demaria, strappato alla vita a soli 63 anni, dopo un malore improvviso che l’aveva costretto al ricovero all’Ospedale San Giovanni Bosco di Torino. Troppo presto, se n’è andato un pezzo di storia del paese, un uomo che aveva il dono raro di essere un ponte tra le generazioni, sempre pronto a intrecciare una parola, a scambiare un sorriso che sapeva di verità e di strada percorsa.
Piergiorgio, l’amico con il gasolio nel sangue
Piergiorgio aveva sfiorato la tranquillità della pensione, la meritata ricompensa di una vita di fatica, ma il destino gli ha negato quel riposo. Era andato in pensione all’inizio dell’anno, era facile incontrarlo in sella alla sua bicicletta già all’alba mentre si dirigeva al Bar Peso. Luca Zannino, il titolare, non lo piange come un cliente, ma come un amico: «Era un grande amico di mio papà. Piergiorgio aveva 21 anni quando i miei genitori avviarono l’attività nel lontano 1983, ed è sempre stato qui. Era una presenza costante, il primo cliente al mattino e l’ultimo della sera». Luca lo descrive come un vulcano di passioni, dal bricolage al lavoro del legno, ma soprattutto un conversatore instancabile: «Era una persona che parlava di qualsiasi cosa, socializzava con tutti».
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Piergiorgio con gli amici nel 1983

Piergiorgio con gli stessi amici 40 anni dopo
Perché Piergiorgio aveva il gasolio nel sangue. La sua passione per i motori e i camion era il suo mestiere, un legame indissolubile che lo ha visto per anni protagonista nel mondo dell’autotrasporto e nelle lavorazioni in cava, in particolare nella Piemonte Scavi. Alessandro Boggio, l’amico di una vita, lo ricorda con la voce rotta: «Conosco Pier da quando sono nato, la sua vita era nei trasporti, aveva il gasolio nel sangue, come usiamo dire noi camionisti.
È stato proprio lui ad avviarmi a questa professione». Per Alessandro, Piergiorgio era la famiglia: «Eravamo sempre in contatto. Era di famiglia per me. Ricordo ancora il mio primo viaggio sul camion, era il 1999 e lui era con me. E io sono voluto esser con lui nel momento della sua dipartita: gli ho tenuto la mano nell’ultimo viaggio. Gli volevo bene e gliene vorrò sempre».
Il ricordo
Ma Alessandro ricorda anche la sua grande passione per il legno: «Aveva un’officina molto attrezzata che fa invidia anche ai professionisti. Lui trascorreva gran parte della sua giornata lì, a lavorare il legno, a creare lavori bellissimi».
E in quel sorriso, come sottolinea l’amico Stefano Tappari, c’era tutta la sua anima: «Il sorriso che aveva era quello di una persona consapevole di aver lavorato tanto e bene, e quindi con la coscienza a posto. E quando ti diceva anche la cosa più semplice come “buongiorno”, ti dava una sensazione di intensità, di sincerità, come solo chi ha vissuto tanto sulla strada sa fare».
Saluggia, mercoledì scorso, si è stretta attorno alla moglie Vilma, alla figlia Monica con Alessandro, al fratello Alberto con Antonia.