Latina (LT)

Tentata estorsione con metodo mafioso,processo tra due tribunali

Sette imputati accusati di aver minacciato un commerciante dopo l’acquisto di un appartamento all’asta

Tentata estorsione con metodo mafioso,processo tra due tribunali

Il processo per tentata estorsione con metodo mafioso, che vede imputate sette persone, nasce dalla denuncia di un commerciante cinquantenne. L’uomo, dopo essersi aggiudicato regolarmente un appartamento all’asta, sarebbe diventato bersaglio di minacce e pressioni da parte dei precedenti occupanti. Le intimidazioni, secondo quanto ricostruito dagli inquirenti, erano finalizzate prima a costringerlo a rivendere l’immobile a un prezzo inferiore, poi a fargli consegnare oltre 10mila euro per “chiudere” la vicenda.

La decisione sulla competenza territoriale

Nell’udienza più recente, il presidente del primo collegio penale Gian Luca Soana ha sciolto la riserva sollevata in apertura del dibattimento dall’avvocato difensore Ezio Lucchetti, relativa alla competenza territoriale. Dopo l’adesione di altri legali, il tribunale ha accolto l’istanza, disponendo il trasferimento del procedimento a Roma per la maggior parte dei capi d’imputazione.
Resta però a Latina la parte del processo collegata all’immobile di Campo Boario, in via Attilio Regolo, circostanza che mantiene davanti al tribunale pontino alcuni degli imputati.

Chi sarà giudicato a Latina

Saranno giudicati a Latina Ferdinando Di Silvio, Patrizia e Lucia Balestrieri e Ignazio Gagliardo. I quattro erano stati rinviati a giudizio il 27 giugno dal gup di Roma insieme ad altre tre persone. La loro posizione è legata direttamente all’appartamento conteso, luogo da cui prende forma l’intera vicenda giudiziaria.

Il ruolo dei presunti mandanti e collaboratori

Secondo le indagini, il fulcro del caso sarebbe Patrizia Balestrieri, considerata dagli inquirenti la mandante delle azioni estorsive. L’immobile, infatti, risultava di sua proprietà e prima dell’asta era occupato dalla sorella Lucia. Per intimorire il commerciante si sarebbe avvalsa dell’aiuto di vari collaboratori, tra cui Ignazio Gagliardo e Ferdinando Di Silvio, quest’ultimo indicato come mediatore nei contatti con la vittima.

Le richieste di denaro e le intimidazioni

La dinamica ricostruita descrive una pressione crescente sulla vittima: dapprima la richiesta di vendere l’immobile ai precedenti occupanti a un prezzo inferiore al valore reale; poi, dopo il finto ritiro dall’acquisto, la pretesa di 12mila euro per considerare la questione chiusa. Secondo l’accusa, durante gli incontri con il commerciante, Di Silvio avrebbe avanzato anche una richiesta aggiuntiva di 2mila euro come “compenso per il disturbo”, accompagnando le sue parole con frasi intimidatorie come: «Sai chi sono io, non c’è bisogno che ti spieghi niente».