Omicidio Ravasio, parla il figlio della mantide: "Guidai l'auto killer perché minacciato di essere estromesso dalla famiglia e dal bar"
Decisa la perizia psichiatrica per Igor Benedito che guidava l'auto usata per commettere l'omicidio. Ha parlato anche Fabio Lavezzo, fidanzato della figlia di Adilma: "Sentivo bene che c'era l'intenzione di fare fuori la vittima, ma non che ci fosse un piano vero e proprio per ucciderlo"

Il processo per l'omicidio di Fabio Ravasio a Parabiago. Parla il figlio della mantide, Igor Benedito; "A pianificare l'uccisione di Fabio furono mia madre e Ferretti. Io guidai l'auto killer e lo feci perché altrimenti mi avrebbero estromesso dalla famiglia e dal bar".
La nuova udienza andata in scena stamane in Tribunale a Busto Arsizio
Nuova udienza nella mattinata di oggi, lunedì 14 luglio, davanti alla Corte d'Assise del Tribunale di Busto Arsizio per il processo che intende fare luce sulla morte di Ravasio, il 52 enne morto travolto da un'auto mentre si trovava in sella alla propria bicicletta tra Casorezzo e Parabiago il 9 agosto 2024. Uno schianto fatale che aveva subito assunto i connotati di un piano omicida, quello orchestrato, secondo l'accusa, dalla compagna Adilma Pereira Carneiro, che avrebbe coinvolto altri sette complici, finiti alla sbarra insieme a lei, per motivi legati all'eredità.
Fabio Ravasio, vittima dell'omicidio del 9 agosto 2024
Decisa la perizia psichiatrica per Igor Benedito che guidava l'auto del tragico omicidio
In apertura è arrivata la notizia dell'accoglimento da parte della Corte d'assise della richiesta di perizia psichiatrica per Igor Benedito, uno degli otto imputati del processo, figlio della brasiliana e ritenuto essere l'investitore materiale della vittima del tragico sinistro. Per realizzare questa operazione è stato designato il perito dottor Marco Lagazzi. Lui ha chiesto 60 giorni di tempo per la relazione peritale. La data di inizio è fissata per l'1 agosto 2025 alle 9.15 nella Casa circondariale di Monza.
Le parole di Igor
Poi è stato lo stesso Benedito il protagonista dell'esame:
"Ammetto di essere stato alla guida dell'auto che ha ucciso Fabio - ha esordito il giovane -. Il ruolo di mia madre? Fu quello di programmare insieme a Massimo Ferretti (amante della brasiliana e uno degli otto finiti alla sbarra, ndr) l'omicidio. Mi aveva riferito che un poliziotto locale le aveva detto che le telecamere al ponte non funzionavano il giorno stesso dell'omicidio. Me l'aveva detto personalmente mentre eravamo a casa di Fabio l'8 agosto. Accettai perché mi misero davanti alla scelta di estromettermi dalla famiglia e dal bar. Ci furono tentativi per cercare un killer. Fu Ferretti, cercando di coinvolgere Tony, a rifiutare perché non vi erano sufficienti mezzi economici. Era l'unico che stava cercando di trovare qualcuno per ammazzare Fabio".
Così l'avvocato Valentina Alberti (in copertina),che difende Igor:
"Ciascuno ha fatto la propria parte, Igor ha deciso di dare un contributo di chiarezza nel processo a quello che ricordava, in modo genuino e sincero. Ora la perizia servirà a verificare la sua capacità di intendere e volere al momento del fatto. Nessuna impressione. Benedito si è assunto la responsabilità del fatto dall'inizio, oggi ha ricostruito meglio le scansioni della vicenda. Sulle influenze della madre su di lui? Posso dire che lui ha raccontato un pezzo di vita a cui mi sento di non aggiungere altro. Una scelta che ha fatto di cui si assume la responsabilità, nessuno può scavare nel suo intimo".
Bocca cucita per Trifone
Marcello Trifone, marito della brasiliana, anch'egli sul banco degli imputati, si è avvalso della facoltà di non rispondere.
L'interrogatorio a Fabio Lavezzo, ritenuto essere uno dei pali del tragico sinistro
Non si può dire lo stesso per Fabio Lavezzo, uno degli imputati, ritenuto essere uno dei pali del tragico sinistro, che ha invece reso il proprio esame:
"Ho saputo del mio ruolo soltanto il 9 agosto. Le altre volte ho sentito che questa persona doveva essere fatta fuori per diversi motivi, sia dalla parte di Adilma che di Ferretti. Non sono mai andato sulla curva (che gli era stata indicata secondo gli ordini del piano, ndr), e non ho mai dato segnali. Sono stato nel cimitero di Casorezzo, ho scattato le foto e mi sono messo nel parcheggio del camposanto sapendo che vi era installata una telecamera che mi avrebbe potuto riprendere".
Il movente economico
"Sentivo bene che c'era l'intenzione di fare fuori, ma non che ci fosse un piano vero e proprio per uccidere Ravasio - ha proseguito -. Ferretti e Adilma mi chiesero qualcuno per colmare il buco che se serviva per ristrutturare la cascina. Non ho mai cercato un killer. All'appello mancavano tra i 30 e i 50mila euro. Lei sosteneva di guadagnare 25mila euro al mese grazie ai fondi derivanti da un centro commerciale in Brasile. E non poteva usare questi soldi, a suo dire, perché prima del fatto aveva svincolato una somma e non poteva più sforare".
L'esame di un altro testimone
Sulla scia delle dichiarazioni di Lavezzo in aula sono intervenuti un paio di testimoni. Uno di loro, Giuseppe De Luca, ha spiegato:
"Ho conosciuto Lavezzo per lavoro, nell'ambito della sicurezza. Mi chiese di persona se conoscessi qualcuno per picchiare violentemente Ravasio, senza fare riferimento a un'uccisione. Cosa che io non avrei mai fatto. Non era mio interesse trovare questa persona, e allora feci finta di essermi attivato, dato che volevo sbarazzarmi della questione. Gli risposi che la cifra era troppo elevata".
Ora la pausa estiva, poi il ritorno in aula fissato per ottobre
Quella andata in scena stamane ha rappresentato l'ultima udienza che ha preceduto la pausa estiva. Il processo tornerà in aula il prossimo 6 ottobre, quando a parlare saranno "Blanco", coinvolto in questo piano omicida per aver simulato un malore che avrebbe ritardato l'arrivo dei soccorsi in quel maledetto 9 agosto, e la mantide stessa.
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