Sestri Levante (GE)

Omicidio di Sestri Levante, per i giudici Bregante «ha peccato d’orgoglio»

Nelle motivazioni della condanna a 15 anni per l’ex comandante, la Corte esclude la provocazione: «Debolezza mascherata da sicumera»

Omicidio di Sestri Levante, per i giudici Bregante «ha peccato d’orgoglio»

È stato il “peccato d’orgoglio”, e non una provocazione, a spingere Gian Paolo Bregante, 72 anni, ex comandante di navi, a uccidere la moglie Cristina Marini un anno fa, il 19 settembre 2024, nella loro abitazione di Sestri Levante. Lo scrivono i giudici della Corte d’Assise (presidente Massimo Cusatti) nelle motivazioni della sentenza che lo ha condannato a 15 anni di reclusione.

Alla difesa non è stata riconosciuta l’attenuante della provocazione, come aveva chiesto il pubblico ministero Stefano Puppo. I legali dell’imputato — Federico Ricci, Sara Bellomo e Paolo Scovazzi — avevano chiesto il proscioglimento per totale infermità di mente o, in subordine, la seminfermità.

Bregante, dopo aver sparato alla moglie, aveva chiamato i carabinieri e raccontato di aver agito perché la donna si rifiutava di curare la depressione, peggiorando così la convivenza.

Per la Corte, l’uomo non ha agito per odio, ma

«logorato e fiaccato nell’animo e nel fisico» da una situazione familiare divenuta insostenibile. Il limite — scrivono i giudici — è stato «quello di presumere di riuscire a resistere ancora a quella convivenza forzata: ma questo peccato d’orgoglio pare il sintomo di una debolezza caratteriale mascherata da quella sicumera impostagli da anni di esercizio del suo ruolo professionale di comando».

Un atteggiamento che, secondo i magistrati, ha condizionato l’anziano

«come il dovere ineludibile di un comandante di non abbandonare il natante fino all’ultimo passeggero». E il modo “istrionico” con cui ha scelto di «mettere in salvo» la moglie — scrive ancora la Corte — è stato quello di ucciderla, invece di permetterle di continuare a vivere lontana da lui.