Si tirano le fila del processo per l’omicidio di Andrea Bossi, ucciso nel suo appartamento la notte del 26 gennaio 2024. Il Pubblico ministero ha chiesto il massimo della pena per entrambi gli imputati, Douglas Carolo e Michele Caglioni.
Omicidio Bossi, il Pm: “Il piano c’era”
Omicidio premeditato, rapina, uso indebito dei metodi di pagamento. Colpevoli di tutto, senza spazio per il riconoscimento delle attenuanti generiche. Il Pubblico Ministero del Tribunale di Busto Arsizio Giulia Grillo ha chiesto la condanna di entrambi gli imputati per tutti i capi di imputazioni contestati, con pena dell’ergastolo e isolamento diurno per 18 mesi.
In quasi quattro ore di requisitoria, la rappresentante della Pubblica Accusa ha ripercorso tutto il processo, tutti gli elementi emersi dalle indagini, dalle perizie e dalle testimonianze sentite in aula e dagli inquirenti prima dell’avvio del processo. Tutte le bugie nelle dichiarazioni di entrambi gli imputati: sul rapporto tra Carolo e Bossi, sui fatti di quella sera, su quelli precedenti e quelli successivi. Anche sul rapporto tra i due: più che semplici conoscenti, ma amici e anche soci: Michele, contrariamente a quanto dichiarato in aula, spacciava e lo faceva insieme e per Carolo.
Centrale nella requisitoria del Pubblico Ministero le dichiarazioni dell’ex fidanzata di Michele Caglioni, che già davanti al Pm aveva parlato del piano dei due: andare da Bossi, torturarlo per farsi dare i codici del bancomat, bruciarlo in un campo e rubargli i soldi.
Il movente. Più “complicato e articolato” quello di Carolo, che aveva una relazione sessuale con la vittima alla quale chiedeva continuamente soldi, e che da oltre un mese stava chiudendo i rubinetti (rifiutandosi di dargli i circa 2500 euro da restituire a una truffa che lo aveva denunciato), simile ma più semplice quello di Caglioni: avere i soldi per potersene andare con l’amata fidanzata, alla quale aveva chiesto di sposarlo con tanto di anello. Un movente “molto piccolo: i soldi”, ha riassunto il Pm.
“L’amicizia tra i due, forte nonostante quello che ha dichiarato Caglioni, è stata la miccia”.
Il piano, secondo il Pm, c’era. Quel piano raccontato dalla ex di Caglioni, che lei avrebbe conosciuto fino a un mese prima dell’omicidio. Un piano non geniale, va detto. Quello poi attuato la sera dell’omicidio è stato migliore”.
“Lei ne parla appena sentita dopo l’arresto di Michele, ne parla con la madre in auto, intercettata. Non ha motivi per mentire. Sul piano, è attendibile. Non lo è quando si tratta delle responsabilità del suo amato, che ha sempre dichiarato di voler proteggere. Per lei, che non conosce l’istituto della premeditazione, dire che a uccidere Bossi fosse stato Carolo basta per salvarlo”.
Chi ha ucciso Bossi
“Dentro quell’appartamento – ha dichiarato la Pm – C’è stata una voragine di umanità”.
Uno, o entrambi, lo avrebbero colpito al volto con la padella o dei pugni, come dimostrato dalle numerose ecchimosi riscontrate dal medico legale. L’altro lo avrebbe accoltellato a morte, con un colpo letale che ha quasi reciso completamente la giugulare del fagnanese.
“Cos’è successo in quella casa? La verità la sanno solo loro, e non l’hanno detta”.
Tutti gli elementi probatori, ha sottolineato la Pm, confermano il concorso di entrambi, partendo dalle impronte di sangue delle loro scarpe, che smentiscono ad esempio la versione di Caglioni secondo cui Douglas lo avrebbe seguito, coltello alla schiena, portandolo in tutta la casa.
“Tutti gli indizi ci dicono che a Bossi è stato teso un agguato e che entrambi hanno partecipato. (…) Entrambi intercettati nella sala della caserma dopo l’arresto ridevano commentando cosa era stato ritrovato e cosa no”.
La parte civile: “Meritano l’ergastolo”
L’avvocato Davide Toscani, parte civile in rappresentanza della famiglia di Bossi, si è associato alla richiesta del Pm.
“Andrea era un ragazzo generoso, che ha pagato la sua generosità con la vita. Aveva tutta la vita davanti, e due ragazzi di poco più giovani di lui hanno deciso di interromperla. Devono pagarne le conseguenze.
Il piano c’era, poco cambia che l’abbiano ucciso in casa o nel bosco, come volevano fare”.
Toscani ha anche sottolineato “il disprezzo di entrambi per la vittima, che anche qui in aula hanno sempre chiamato ‘il ciccione’, senza mai avere una parola di rammarico o pentimento”.
E, come la Pm, ha rigettato l’ipotesi di un rapporto, dopo l’omicidio, fatto di minacce da Carolo a Caglioni:
“Anche la madre nelle intercettazioni dice a Michele di continuare a dirlo, ma è una storia illogica e incredibile”.