Malattia metabolica diagnosticata in ritardo, Fondazione risarcirà 4,6 milioni

Il bambino, nato nel 2011 e oggi 14enne, ha riportato danni cerebrali gravissimi, ha bisogno di continue cure e assistenza medica e sanitaria

Malattia metabolica diagnosticata in ritardo, Fondazione risarcirà 4,6 milioni

Il Tribunale civile di Monza ha pubblicato la sentenza con cui a distanza di 14 anni ha condannato la “Fondazione Monza e Brianza per il Bambino e la sua Mamma”  (poi confluita nell’Irccs San Gerardo) a pagare un maxi risarcimento a un  ragazzo, oggi 14enne, e ai suoi familiari, da 4 milioni 600 mila euro, tra danni e spese legali, a cui bisognerà sommare anche gli interessi maturati in questi anni. La condanna (in primo grado) per non aver diagnosticato tempestivamente una grave malattia metabolica che colpì il bambino alla nascita, nel marzo 2011. Parliamo della iperammoniemia, un difetto del ciclo dell’urea che porta a un accumulo di ammoniaca nel sangue, tossica per il cervello.,

Malattia metabolica diagnosticata in ritardo, Fondazione risarcirà 4,6 milioni

Secondo il resoconto processuale il bambino avrebbe fin da subito manifestato i sintomi della malattia tanto che la sua cartella clinica citava espressamente un “rischio metabolico”, già poco dopo la sua nascita. I medici però – si legge nella nota diffusa dallo studio legale della famiglia – “non vanno in questa direzione diagnostica e quando dopo tre giorni se ne rendono conto è ormai troppo tardi”.

Il bambino, nato nel marzo del 2011, oggi ha 14 anni e ha riportato danni cerebrali gravissimi, ha bisogno di continue cure e assistenza medica e sanitaria, e ha subito già un trapianto del fegato. L’Inps inoltre lo ha dichiarato invalido al 100% con tanto di indennità di accompagnamento.

Secondo il giudice Carlo Albanese, del Tribunale di Monza, che ha accolto il ricorso del legale della famiglia, l’avvocato Bruno Sgromo, non ci sono dubbi sulle responsabilità dei sanitari dell’ospedale, per omissione terapeutica e ritardo diagnostico, perché avevano tutti gli elementi per formulare la corretta diagnosi ed evitare le terribili conseguenze della malattia metabolica.

Per il giudice

“un tale mancato tempestivo intervento ha avuto un ruolo fondamentale nella gravità del danno”.

Il danno, per i giudici di Monza, poteva e doveva essere evitato:

“L’inizio più precoce della terapia, ovvero quando tutti gli elementi a disposizione dei sanitari orientavano per l’indicazione nell’avvio del trattamento, avrebbe portato ad una detossificazione precoce, rallentando l’accumulo dei livelli di ammonio nel sangue e riducendo così proporzionalmente il danno encefalico”.

Per i periti del Tribunale l’inizio della terapia anche solo 12 ore prima, “avrebbe con elevata probabilità evitato un grave danneggiamento delle cellule cerebrali”.

L’avvocato della famiglia ha inteso sottolineare alcuni aspetti del dopo-sentenza:

“Soddisfazione per un risarcimento record in materia di diritto sanitario e per i cosiddetti baby case, ma soprattutto perché la cifra consentirà una vita un po’ più tranquilla al ragazzo e ai suoi familiari che in questi anni hanno dovuto affrontare spese elevate per tutto ciò di cui c’era bisogno. Ora potranno mettere mano anche alla casa, eliminando le barriere architettoniche, e infine i genitori adesso hanno anche la garanzia per il ragazzo in termini di futuro, quello che viene definitivo il “dopo di noi”, che è una delle tante preoccupazioni dei familiari di persone completamente invalide”