Le ultime due Suore canossiane lasciano il paese, il saluto di un affezionato cittadino. Domani, sabato 8 novembre, dopo quasi 150 anni, la porta del convento delle Suore canossiane di Caprino Bergamasco, si chiuderà per sempre: anche le ultime 2 suore rimaste se ne andranno tutte e definitivamente. Riportiamo di seguito il messaggio di saluto, a firma Pino Rota, pubblicato sulla pagina Facebook di “Sei di Cisano Bergamasco se”.
Le ultime due Suore canossiane lasciano il paese, il saluto di un affezionato cittadino
“Siamo storie che camminano ma non camminano da sole. E ogni passo è un intreccio di destini e di memorie: fili di racconto che si muovono nello stesso vento, mai davvero isolati nel procedere.
Non tornavo da un po’ nella mia comunità di Caprino ma alla messa di commiato volevo salutare anch’io le Madri canossiane che lasciavano il paese dopo più di cento anni. Si parla molto di comunità di destino per sottolineare l’urgente consapevolezza di essere legati e di condividere un destino comune di fronte alle sfide ecologiche e sociali che ci attendono; meno si parla di comunità d’origine e di cosa significhi ricevere identità da un luogo e da quella impalpabile pappa di luna che succhi col latte materno e che ti scorrerà dentro per sempre come un sistema circolatorio parallelo fatto di persone, ricordi, circostanze intrecciate nella stessa radice.
Alla messa, in chiesa parrocchiale, conoscevo ormai pochi: chi si allontana perde la contabilità dei volti e delle stagioni. Ma tra molti sconosciuti e pochi noti hanno iniziato a emergere anche figure dell’anima, eteree e impalpabili ma “visibili” e certe come chiodi piantati nella roccia.
E a ogni sguardo emergeva un legame di sangue o d’amicizia mentre la sorpresa lasciava spazio a un silenzioso abbraccio condiviso. Poco a poco ne ho riconosciute alcune di queste penombre reali del mio paese d’infanzia: la madre Flora e il suo largo sorriso fatto di burro, don Valle con il cipiglio di chi abita in un cosmo ordinato, i sacrestani Pepino e Angelé avvolti in un silenzio che interroga il mistero: e poi madre Rita e la Rita “Corna”, Piero Persico che si “contende” con Bertuletti, Francia e il sindaco Baio “l’onore” della lettura domenicale. E molti altri noti e ignoti spuntati da una qualche sbrecciatura del tempo come per effetto di un boomerang impazzito della memoria.
E in quell’istante sospeso, mi è stato chiaro che il tempo non scorre davvero: ogni attimo che nasce rimane, intatto e infinito, come un’eco che non smette di rimbalzare. Anche le ultime Madri che lasceranno la loro casa sono dentro questo tempo, sono ormai parte di questa storia e, pur lasciandola, non ne usciranno mai perché il loro “esserci state” con passione, con amore, le rende parti di essa: parte di quella comunità asincrona che ha condiviso in tutto o in parte il cammino dell’esistenza e attraversato insieme le stesse tempeste, la malattia, la perdita, la paura del futuro e ha scoperto che la vita, con le sue gioie e i suoi dolori, ci rende fragili e preziosi come vetro sottile e che soltanto il calore degli altri (di oggi, di ieri, che verranno) può impedire alle crepe di trasformarsi in fratture.
E allora “benvenute” care Madri canossiane: anche la vostra “assenza” sarà una cosa che resterà con noi. Perché qui, nel paese sotto la montagna, dove la discesa incontra la salita e ogni passo visibile si intreccia ad altri passi invisibili… qui nella “piccola Parigi” nel ricordo degli eterni, ogni attimo, ogni singolo maledetto… benedetto attimo… è per sempre.”