Un ventaglio di ipotesi investigative sul tappeto. Scenari, piste, su cui lavorare ma da cui non si esclude che l’attentato di giovedì sera al giornalista Sigfrido Ranucci possa essere stato messo in atto su commissione: una azione appaltata a bande albanesi, ai gruppi del sottobosco criminale del litorale romano o ad appartenenti alle frange estreme degli ultras. Chi indaga sta provando a mettere in fila i tasselli tenendo presente anche che l’ordigno lasciato all’estero della villetta a Pomezia, centro alle porte della Capitale, possa essere frutto dell’iniziativa di un singolo, quelli che in gergo terroristico vengono chiamati ‘lupi solitari’.
Noi tocchiamo talmente tanti interessi e centri di potere – spiega Ranucci – che è impossibile capire l’origine, credo sia qualcuno legato alla criminalità, non credo nei mandanti politici”. Lunedì si apre, comunque, una settimana importante per l’indagine avviata a piazzale Clodio e affidata al pool antimafia. Il pm Carlo Villani procede per il reato di danneggiamento aggravato dal metodo mafioso e violazione della legge sulle armi. Un quadro accusatorio che potrebbe però aggravarsi nel momento in cui arriveranno i risultati dell’attività del Ris sui reperti sulla bomba rudimentale che ha semidistrutto le due auto parcheggiate all’esterno dell’abitazione, nella frazione di Campo Ascolano. Un chilogrammo di polvere pirica compressa il cui potenziale distruttivo finirà nell’informativa che gli specialisti dell’Arma invieranno agli inquirenti. Un incartamento in cui potrebbero essere evidenziati elementi utili anche per risalire al tipo di materiale usato, alla fabbricazione e di conseguenza risalire ai possibili ambienti dove questo tipo di ‘armi’ vengono utilizzati.
Il lavoro dei carabinieri di Frascati e Roma – che hanno ascoltato una serie di testimoni – si concentra sul tentativo di indentificare l’uomo incappucciato visto da alcuni passanti poco prima dello scoppio e dell’auto che si sarebbe dileguata qualche istante dopo la deflagrazione avvenuta alle 22.17. Il dato che emerge è che l’autore o gli autori conoscevano bene le vie di fuga, le strade della zona. Sapevano anche che il luogo dove è stato posizionata la bomba carta non era ‘coperta’ da alcuna telecamera di sicurezza. L’attentatore – è il pensiero degli inquirenti – era a conoscenza degli spostamenti e delle abitudini di Ranucci: elementi che fanno supporre che quella sera fosse era stato pedinato.
Sullo sfondo resta quella che al momento sembra una coincidenza. Poche ore pima dell’attentato un pentito di mafia è stato trasferito dalla zona di Campo Ascolano in altra località protetta. Si tratta di un soggetto che in passato ha raccontato al conduttore di Report della trattativa ‘Stato-Mafia’ e sugli interessi delle ‘ndrine nel business dell’energia eolica. “E’ possibile pensare che a qualcuno faccia comodo intimidirci. Abbiamo delle puntate molto delicate che ci attendono, anche se non posso escludere che si riferiscano a qualche inchiesta del passato”, aggiunge Ranucci che tornerà in onda con Report il 26 ottobre.