Era così Raffaello Paloscia, appassionato, dedito al suo lavoro, o meglio maestro di giornalismo. Penna d’oro alla carriera, “Ambasciatore” insignito nella Hall of Fame del Museo Fiorentina. Fu tra i primi a capire che il calcio andava narrato anche in televisione.
Da lì la sua carriera dalla carta si spostò negli studi di Italia 7, allora si chiamava Tele37. “Calcio parlato” la trasmissione a cui ha prestato la sua professionalità e che ha fatto la storia viola in tv. È stato maestro in redazione e davanti alla telecamera, con quella calma gentile che trasformava ogni parola in una lezione di stile. Se ne va all’età di 97 anni dopo una breve malattia.
Ha raccontato i due scudetti della Fiorentina. Testimone diretto dello storico scudetto del 1956 firmato Bernardini — un tecnico che amava profondamente tanto da chiamare il figlio Fulvio, oggi giornalista di Repubblica.
Fu anche l’inventore del “giornalone del lunedì”, l’edizione speciale con risultati e classifiche di ogni categoria, un rito per gli appassionati.
Nato a Urbino, tifoso del Bologna, iniziò a scrivere, Raffaello Paloscia, che aveva poco più di vent’anni. Arrivò giovanissimo alla Nazione dopo le prime esperienze al Corriere dello Sport. Da lì iniziò un percorso che lo portò a dirigere la redazione sportiva in anni in cui il giornale dettava i sentimenti di un’intera città. Aveva il dono di saper unire colleghi diversi, di ascoltare tutti e di trovare sempre la parola giusta, anche nei momenti di tensione.
Ai colleghi più giovani lasciava un consiglio semplice ma prezioso:
“Scrivete solo ciò che sapete, e sappiatelo bene”.
Due anni fa, quando gli fu assegnata la “Penna d’oro” dal sindacato dei giornalisti, durante la cerimonia nel Centro tecnico di Coverciano – che aveva a lungo frequentato fin dai tempi di Luigi Ridolfi, Artemio Franchi, Fino Fini e Ferruccio Valcareggi – Raffaello Paloscia si commosse. Lo abbracciò Gianluigi Buffon.
A chi lo ha conosciuto e ha avuto la fortuna di lavorarci resterà il ricordo di una voce pacata e autorevole, di un uomo che ha fatto del mestiere di cronista una lezione di misura, rispetto e passione.