Chiavari (GE)

Delitto Cella, il soccorritore: «All’ingresso nessuna traccia di sangue»

Oggi, giovedì 18 settembre, la ripresa del processo

Delitto Cella, il soccorritore: «All’ingresso nessuna traccia di sangue»

È ripartito oggi, giovedì 18 settembre, con gli esami dei testimoni della difesa il processo sul delitto di Nada Cella, la segretaria uccisa il 6 maggio 1996 nello studio del commercialista Marco Soracco a Chiavari, processo riaperto nel 2021 dopo anni di indagini. L’unica imputata ora è l’ex insegnante di Boves Anna Lucia Cecere, rinviata a giudizio all’inizio del 2025. Soracco, invece, inizialmente indagato insieme alla madre, esclusa dal procedimento per motivi di salute, è accusato di favoreggiamento.

La ripresa del processo

Gli avvocati di Cecere, Giovanni Roffo e Gabriella Martini, hanno citato in aula sei persone.

Il primo a parlare, Andrea Grillo, uno dei soccorritori arrivati fra i primi la mattina del delitto in via Marsala, ha riferito di non aver rilevato macchie di sangue all’ingresso o in altre stanze, nel momento in cui entrò. Cella fu trovata a terra con il volto rivolto verso l’alto e i piedi sotto la scrivania. Il tavolo fu spostato per poterla soccorrere. E lì sì che era presente sangue ovunque.

«Quando la mettemmo sulla barella io e il mio collega ci sporcammo di sangue – ha detto -. Ne perse tantissimo anche in ambulanza. Sulla porta c’era Soracco, pulito, che ci disse che non l’aveva nemmeno toccata».

Spazio, poi, alle dichiarazioni di due produttori di bottoni, che hanno spiegato come quello trovato sotto il corpo della segretaria fosse di tipo a «gambo chiuso, che si cuce direttamente sul tessuto e non si inserisce in alcuna ghiara (come invece ipotizza la pm Gabriella Dotto, dato che fu trovato un cerchietto di plastica)». Bottoni simili furono trovati nell’abitazione di Cecere a Chiavari. La donna, a quel tempo, fu indagata ma la sua posizione venne archiviata dopo pochi giorni. Secondo gli investigatori dell’epoca quei bottoni non erano gli stessi di quello repertato.

Franco Ramundo, investigatore dell’epoca, ha sottolineato che

«la praticante di studio aveva detto che era sparita una spillatrice dalla scrivania di Nada ma la scientifica l’aveva usata ed era stata messa tra l’attrezzatura degli agenti».