Continua a tenere banco nell’opinione pubblica il caso della carne scaduta messa in commercio dal Macello Bervini di Pietole, frazione di Borgo Virgilio in provincia di Mantova, sollevato dal programma di Rai 3 Report negli ultimi due episodi.
Ma chi c’è dietro a questa brutta storia? La giornalista Giulia Innocenzi con la nuova inchiesta “Il lotto magico” è andata a scoprire anche questo.
Chi tiene le fila del Macello Bervini di Pietole?
A tenere le fila del macello è stato a lungo un ex macellaio che si chiama Francesco Giordano, ora in carcere. Partito dalla Puglia (da Bitonto) come disossatore, ha fatto fortuna a Milano dove ha costituito Servizi Globali, un consorzio intorno al quale ruotavano cooperative che offrivano manodopera a basso costo ai macelli.

Servizi Globali forniva i lavoratori tramite appalto, arrivando a un giro di 40 milioni e tutte le società satellite del consorzio servivano solo a frodare il fisco.
“Era il capo del consorzio ma le aziende erano intestate alle persone, ognuno aveva la sua cooperativa”, afferma nel servizio il fratello ed ex operaio di Bervini Pasquale Giordano, confermando l’esistenza di questa galassia di società.
Manodopera fornita a basso costo
“Ho iniziato a lavorare lì tramite una cooperativa di cui Francesco Giordano si presentava come proprietario ma sul contratto c’erano i nomi di altri soggetti. Noi però avevamo a che fare solo con lui”, ammette lo stesso operaio complice di Report che ha mostrato ciò che succede al Macello Bervini di Pietole.
Giordano, con le sue cooperative, offriva manodopera a Bervini ma non versava i contributi e pagava i dipendenti in parte in nero. Il dipendente intervistato ha dichiarato infatti che veniva pagato in parte tramite bonifico bancario in base alla busta paga e il restante dei soldi gli veniva dato in contanti.
Pagati in contanti da Francesco Giordano, ora in carcere
“Si dice che erano soldi che venivano dal sud Italia. Ognuno di noi prendeva oltre 2mila euro in contanti, io a volte anche 3mila euro a seconda degli orari di lavoro”, dichiara il dipendente complice di Report.
A portare il cash, aggiunge, era quasi sempre Francesco Giordano. Si parla di 100mila euro in nero al mese per il solo Macello Bervini mantovano, soldi frutto di riciclaggio derivato dai proventi delle tasse non pagate ma anche dalla criminalità organizzata barese e da un tesoretto messo all’estero non facilmente rintracciabile.
Arrestato per frode fiscale e riciclaggio
Questa macchina sforna soldi si inceppa nel 2018 quando Giordano e il sodale Manuele Sicolo, legato alla mafia pugliese, vengono arrestati per frode fiscale e associazione per riciclaggio. La villa di giordano viene sequestrata insieme ad altri beni per un totale di 60 milioni di euro.
Ma una volta uscito dal carcere, svela Report, Giordano ha continuato a lavorare nei macelli con una nuova società, la ManCarni (insieme a Pasquale che quindi sa tutto dei giri), che in due anni ha raggiunto un giro di affari da 4 milioni e mezzo di euro. Grazie ai bassi costi, godeva della fiducia dei macelli e il flusso dei contanti è ripreso fino al 2022 quando viene incarcerato di nuovo e ci rimarrà fino al 2030.

Al suo posto c’è Giorgio Oprea, a detta di molti (compreso il fratello di Giordano) suo prestanome e braccio destro, con la nuova cooperativa GeoCarni.
Nessuna ammissione sulla carne scaduta
E con lui le cose non sarebbero cambiate, il pagamento degli operai del Macello Bervini continuerebbe su due binari, una parte in busta paga e una parte fuori con la dicitura “Scrittura privata tra le parti”. Raggiunto al telefono dalla giornalista, Oprea nega tutto, anche il pagamento diviso in due.
Anche sulla carne scaduta, non c’è alcuna ammissione, se non quella del fratello di Francesco che conferma a Innocenzi che i prodotti andati a male venivano rimessi in commercio.
“È stato Pasquale a creare il sistema, in alcune giornate sono state fatte tonnellate e tonnellate di questa carne avariata”, ammette il solito operaio intervistato.
Pasquale Giordano nega tutto e punta il dito contro i titolari, contro i Bervini.
Chi è Giovanni Malavenda
È qui che, però, il dipendente fa un altro nome.
“Gli ordini arrivano anche attraverso responsabili di produzione che si interfacciano con un altro direttore nel mattatoio, Giovanni Malavenda”
Imprenditore nel settore delle carni, aveva un impianto di macellazione a Reggio Calabria con un fatturato di 30 milioni e poi è finito in un’inchiesta dell’antimafia di Catania, sospettato di essere colluso con l’associazione mafiosa Santapaola ma poi assolto.

Raggiunto dalla giornalista mentre esce con l’auto dal Macello di Pietole, sostiene di non sapere nulla della carne scaduta. Peccato che le immagini di Report lo collochino al mattatoio di sabato, quando viene lavorata in segreto la carne scaduta. Altre riprese mostrano il responsabile di produzione intento a fare le foto alla carne scaduta.
“Fotografa le etichette vere e poi manda le foto a Malavenda che gli dà direttive su come stampare le etichette nuove. Quando dà l’ok vengono ristampate”, continua il complice.
Stando alle sue dichiarazioni, sarebbe Malavenda a dare l’ok sulle etichette con cui rimettere in commercio la carne scaduta, ma quando Innocenzi gli parla della carne scaduta lavorata, fa per andarsene. Poi rimane e continua a dire che lì non si lavora carne scaduta. Anche quando la giornalista gli mostra le etichette, nega e scappa via con l’auto.

Un sistema radicato di illegalità
In conclusione, l’inchiesta di Report squarcia il velo su un sistema radicato e ramificato. Un sistema dove frodi fiscali, sfruttamento della manodopera e sospetti legami con la criminalità organizzata si intrecciano con pratiche pericolose per la salute pubblica come la rimessa in commercio di carne scaduta.
Le testimonianze raccolte dalla giornalista Giulia Innocenzi delineano un quadro in cui – nonostante arresti, sequestri e cambi di società o figure di riferimento – i metodi sembrano rimanere gli stessi, alimentati da una rete di complicità e silenzi.
Una vicenda che richiama con forza la necessità di controlli più rigorosi, trasparenza nel settore e tutele reali per i lavoratori, affinché casi come quello del Macello Bervini non avvengano e la fiducia dei cittadini non venga ulteriormente minata.