Quasi tre anni e mezzo. È il tempo trascorso da quel 30 maggio 2022 quando Elisa e Alessandro, allora appena quattro anni, rimasero gravemente ustionati in quella che sarebbe dovuta essere un’attività scolastica ordinaria all’asilo di Osio Sopra.
Oggi il processo continua, con la giudice Laura Garufi che ha fissato un obiettivo ambizioso: chiudere tutto entro l’estate 2026. Intanto, l’udienza di ieri (giovedì 16 ottobre) ha fissato il calendario processuale, con l’ascolto dei testimoni previsto dal 24 marzo.
La ricostruzione
Era una mattina come tante altre nel giardino della scuola dell’infanzia San Zeno. I bambini della classe blu stavano partecipando a un laboratorio all’aperto quando, come sorpresa finale, era previsto di arrostire dei marshmallow sul fuoco. Tre papà volontari avrebbero dovuto supervisionare. Uno di loro aveva portato un braciere e una tanichetta di bioetanolo.
Quel che doveva essere un momento di divertimento si trasformò in un attimo in tragedia. Il riverbero del sole aveva reso invisibile la fiamma accesa; convinto che il fuoco si fosse spento, l’uomo spruzzò altro bioetanolo.
Il ritorno di fiamma investì tutti i presenti. Elisa e Alessandro, in prima fila, furono avvolti dalle fiamme. I loro vestiti presero fuoco e riportarono ustioni gravissime: la bambina ferita sull’80 per cento del corpo, il bambino su gambe e piedi.
Entrambi rimasero per giorni in pericolo di vita. Elisa restò ricoverata per dieci mesi. I genitori si ritrovarono catapultati in un incubo dal quale non si sarebbero mai completamente ripresi.
Il dolore delle famiglie
Ma il trauma fisico non fu l’unica conseguenza. Ciò che colpì profondamente le famiglie fu anche un senso di abbandono. Sabrina e Angela (le mamme dei due bambini) raccontarono come molti genitori dei compagni di Ale ed Elisa non si fossero nemmeno preoccupati di chiedere come stessero i bambini. La scuola continuò le sue attività come se nulla fosse accaduto, quasi a voler chiudere un occhio sulla tragedia.
La mamma di Alessandro si sarebbe aspettata una maggiore partecipazione: un evento, un momento di vicinanza, una preghiera collettiva per le famiglie coinvolte. Da qui nacque l’idea, durante una diretta Instagram, di organizzare un evento commemorativo il 30 maggio per sensibilizzare sui rischi delle ustioni da ritorno di fiamma.
I messaggi di supporto privati arrivarono, così come il riconoscente gratitudine verso i carabinieri di Osio Sotto, che si erano prodigati per metterli in contatto con Israele al fine di far arrivare un medicinale apposito che consentì al tessuto morto di staccarsi, riducendo drasticamente le conseguenze dell’ustione.
Le indagini e i responsabili
Nel frattempo, la magistratura iniziò a fare luce su quanto accaduto. Il padre che aveva versato il bioetanolo si assunse la responsabilità fin dal primo giorno. Ma le inchieste proseguirono. Nel registro degli indagati finirono la maestra presente durante l’attività e la coordinatrice pedagogico-didattica.
Entrambe sostennero di non aver autorizzato l’accensione del fuoco e di non essersi accorte che il padre avesse portato nel cortile il braciere e il liquido infiammabile. La coordinatrice sottolineò che nel programma didattico l’accensione del fuoco non era prevista.
Più avanti nelle indagini emerse anche un quinto indagato, qualcuno all’interno della scuola che secondo gli investigatori «non ha fatto quello che avrebbe dovuto fare». E il parroco del tempo, don Luca Guerinoni, legale rappresentante della struttura parrocchiale, vide respingere la sua richiesta di archiviazione.
Il processo penale e la condanna
Nel settembre 2023 iniziò il processo. Il padre coinvolto chiese il rito abbreviato. Durante quella prima udienza sussurrò: «Comunque vada, mi dispiace». Mesi dopo, nell’aprile 2024, la giudice Patrizia Ingrascì lo condannò a 3 anni, 4 mesi e 12 giorni di reclusione. Una pena persino più severa di quella richiesta dalla pm Silvia Marchina.
Per le parti civili furono stabilite provvisionali immediatamente esecutive che superavano i 400 mila euro: 200 mila per Elisa, 150 mila per Alessandro, il resto per i genitori.
Durante l’udienza, l’uomo criticò la scuola: «Era stato tutto pianificato con la scuola e da loro approvato come avevamo fatto negli anni precedenti. Successivamente, sono stato additato come un mostro, ma io ho sempre offerto gratuitamente il mio tempo. Mi sono invece ritrovato totalmente solo, caricato dell’intera responsabilità».
Verso il verdetto finale?
Ora è la volta delle due imputate. Dopo aver raggiunto un accordo con l’assicurazione, le famiglie hanno scelto di non costituirsi parte civile nel processo penale, proseguendo in sede civile, ma restano presenti costantemente in aula, richiedendo con la loro silenziosa presenza che venga accertata l’eventuale responsabilità penale.
Come riportato da BergamoNews, ieri (16 ottobre) la giudice Laura Garufi ha respinto la richiesta di rinvio della difesa e ha dichiarato: «Vorrei chiudere il processo entro l’estate». I testimoni inizieranno a essere ascoltati dal 24 marzo. La maestra e la coordinatrice sono accusate di lesioni colpose gravi e gravissime, aggravate dal fatto di averle cagionate a più persone e in violazione delle norme sulla prevenzione degli infortuni sul lavoro.
Oggi Elisa e Alessandro stanno meglio, ma portano ancora i segni di quel dramma. Devono affrontare nuove operazioni chirurgiche e dolorose terapie. La loro vita, come quella delle loro famiglie, non sarà mai più la stessa. Il processo continua, lentamente, verso una verità che tutti sperano possa finalmente arrivare entro la prossima estate.