Ambrosini e sindaci, «nemici-amici»: contro in tribunale ma verso l’accordo
Martedì prima udienza in Appello, dopo la decisione della Cassazione sul Lodo Asa

Ambrosini e sindaci, «nemici-amici»: contro in tribunale ma verso l’accordo. Martedì prima udienza in Appello, dopo la decisione della Cassazione sul Lodo Asa
Ambrosini e sindaci, «nemici-amici»
Martedì 10 giugno, alle 11, a Torino (anche se virtualmente: dalla riforma Cartabia in poi per il processo in sede civile è la prassi) è iniziato il quarto grado di giudizio, sì proprio così: quarto grado, del Lodo Asa. In Corte d’Appello, seconda sezione, si è svolta la prima udienza “figurata” (virtuale), così come deciso dalla sentenza di Cassazione che ha ribalto il precedente giudizio di secondo grado che assolveva i (51) Comuni dal dover ripianare il debito accumulato dall’azienda a compartecipazione pubblica e rispediva a Torino i faldoni affinché venga quantificato il reale danno per il “crac” della multi-servizi canavesana (che nel 2009 contava 450 dipendenti), la cui storia è terminata con la consegna dei «libri in tribunale».
Dopo i rinvii del novembre 2024, del febbraio 2025 perché non era ancora stato designato il giudice relatore, il 10 giugno, di fronte al magistrato Bruno Conca è ripartito l’iter che porterà all’ultimo atto di una storia che si trascina ormai da più di 15 anni. Le parti - il commissario Stefano Ambrosini e gli avvocati dei Comuni – hanno protocollato le proprie note scritte dove, almeno all’apparenza, i duellanti tengono il punto. Da una parte i “creditori” che insistono nell’indicare le amministrazioni del Consorzio azionista di Asa a dover rispondere in solido del buco di bilancio, dall’altra gli avvocati dei sindaci che ribadiscono alla Corte d’Appello che non c’è nulla da pagare «perché il debito non è provato».
Soluzione stragiudiziale
Fin qui la forma. La sostanza, poi, è fatta dall’azione che è in corso da alcune settimane: trovare una soluzione stragiudiziale, al di fuori del Tribunale. Perché un concetto, dopo la sentenza di Cassazione, è chiaro a tutti: c’è un rischio di causa. Quello che la scorsa settimana ha portato il primo cittadino di Rivarolo, Martino Zucco Chinà, a dichiarare: “Evitiamo di uscirne tutti con le ossa rotta”.
Quali scenari...?
Questi gli scenari che si potrebbero aprire. Fra due settimana il giudice Conca emette un’ordinanza attraversa la quale rende nota la sua decisione: aprire l’istruttoria per stabilire se (e soprattutto quanto) il debito deve effettivamente restare in capo ai comuni così come sostenuto dal commissario Ambrosini la cui tesi è stata sposata dalla Cassazione oppure andare direttamente alle conclusioni attraverso memorie e repliche delle parti. In entrambi casi si parla di percorsi lunghi minimo un anno.
Restano fermi alcuni paletti, come i 36 milioni oggetto del Lodo che tra interessi, deficit patrimoniale e inserimento di creditori durante tutto il percorso potrebbero lievitare ad una quota che oscilla dai 77 ai 100 milioni di euro. Cifra abnorme, soprattutto, poi, se fossero davvero i Comuni (in percentuale, rispetto alla compartecipazione in Asa) a doverne rispondere. E per evitarlo – e quindi di “uscirne con le ossa rotte” – mentre in Corte d’Appello è partito il nuovo processo, sul tavolo delle diplomazie (politiche) è in corso una trattativa per arrivare ad un compromesso (economico) per redimere la questione fuori dall’aula di giustizia.
Si cerca di transare
La scorsa settimana i primi cittadini si sono ritrovati a Rivarolo (nella foto in copertina) per far fronte comune e sottoscrivere una lettera di intenti spedita ai Ministeri competenti, Regione Piemonte e per conoscenza al Commissario Stefano Ambrosini attraverso la quale si dichiara la disponibilità di “addivenire a miti consigli” (transare) e chiedere, però, contestualmente un sostegno concreto e fattivo anche agli Enti superiori come già successo nella storia recente, con il Governo o la Regione, intervenuti per “salvare” e mitigare gli impatti sui bilanci pubblici di situazioni sovrapponibili a come quella di Asa. Ma l’accordo deve essere trovato in tempi rapidi, anche se i contendenti con la costituzione in giudizio di martedì, all’apparenza restano ancora sulle barricate. Per evitarlo i Comuni avrebbero potuto chiedere il congelamento di questa nuovo rivolo di processo, ma per cortesia “isituzionale” nei confronti del Commissario - che ha comunque un obiettivo e un interesse: dimostrare allo Stato di poter chiudere un contenzioso che dura ormai da troppo tempo – non è stata percorsa. Via, quella del congelamento, contemplata tra le strategie processuali, ma che avrebbe ulteriormente diltato i tempi del giudizio.
Dentro e fuori dall'aula
Ora, se dovesse saltare la trattativa di “palazzo”, la questione galleggerebbe nelle aule di giustizia almeno per i prossimi due-tre anni, mentre se si arrivasse alla “rinuncia agli atti” - chi chiede rinuncia e chi deve, paga al di fuori del Lodo - entro la fine dell’anno, al massimo nei primi mesi del 2026, verrebbe sciolto quel nodo che lega ad una corda la ghigliottina che pende sul campo di 51 amministrazioni canavesane.