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Addio a Michele Dancelli, leggenda del ciclismo

Il corridore che dominava in salita e in volata, vincitore di undici tappe al Giro d’Italia, tre Giri dell’Appennino, la Freccia Vallone e la Parigi-Lussemburgo. La sua fama resterà per sempre legata alla Milano-Sanremo del 1970

Addio a Michele Dancelli, leggenda del ciclismo

Michele Dancelli si è spento nel pomeriggio di oggi, 18 dicembre, alla Rsa di Castenedolo, dove era ricoverato da tempo. Aveva 83 anni. Nato l’8 maggio 1942 a Castenedolo, ultimo di otto fratelli, rimase orfano di padre a soli 14 mesi. Crebbe in una famiglia povera ma unita, accanto a una madre che si sacrificò per crescere i figli.

Prima muratore, poi ciclista per vocazione e talento, Dancelli seppe trasformare la fatica quotidiana in forza pura sui pedali. Con la Molteni, a 23 anni, arrivò il primo successo importante al Circuito di Col San Martino, preludio a una carriera che avrebbe lasciato un segno indelebile nel ciclismo italiano.


Il coraggio di andare via da solo

Così lo ricordavano tutti: “Chi c’è in fuga? Michele Dancelli”. Lo raccontava lui stesso con l’orgoglio semplice di chi sapeva di essere un corridore fuori dagli schemi. Scalatore leggero, 64 chili, capace però di vincere anche in volata, Dancelli aveva una sola indole: attaccare. Vinse undici tappe al Giro d’Italia, compresa una durissima frazione dolomitica con arrivo sulla Marmolada, e tre Giri dell’Appennino, uno dei quali con una fuga di oltre 200 chilometri. Tra i suoi trionfi anche la Freccia Vallone e la classifica finale della Parigi-Lussemburgo, corsa a medie altissime per l’epoca. Era un ciclismo senza radioline, fatto di istinto, autonomia e scelte prese con il cuore prima che con la tattica.

Milano-Sanremo 1970, la fuga diventata leggenda

La sua fama resterà per sempre legata alla Milano-Sanremo del 1970, vinta con una fuga solitaria di 70 chilometri che emozionò e rese orgoglioso un intero Paese. Un’impresa nata quasi per caso, come amava raccontare: lo scatto a Loano per conquistare una medaglia d’oro messa in palio da un tabaccaio, poi la decisione di non fermarsi più. Arrivò da solo a Sanremo, con 44 km/h di media, lasciandosi alle spalle campioni come De Vlaeminck e Van Looy, mentre Eddy Merckx chiuse solo ottavo. Fu il successo che lo rese immortale. Il più grande traguardo, però, Dancelli lo riconosceva altrove: aver mantenuto la promessa fatta da ragazzo, comprare una casa alla madre. Oggi il ciclismo italiano saluta uno dei suoi uomini più veri. Un corridore che non aspettava, ma partiva. Sempre.