Un (secondo) co-housing rivolto alle donne per rispondere all’emergenza abitativa. Il progetto, che partirà nelle prossime settimane, è stato annunciato in Commissione dall’assessore alla Casa, Umberto Salvi. Tra i due co-housing che saranno attivi sul territorio, in totale, saranno a disposizione circa dieci posti destinati a donne che sono in difficoltà.
Per contrastare l’emergenza abitativa parte un co-housing rivolto alle donne
«C’è già un primo cohousing donne attivo in via Di Vittorio ed è imminente l’apertura di un secondo spazio presso il Casun – ha illustrato Salvi -. Il servizio prevede la coabitazione all’interno di uno stesso alloggio di persone diverse, che siano sole o con figli piccoli. Tutte le persone candidabili ci vengono indicate dall’Unione Net, all’interno del quale si è costituito un gruppo di lavoro».
Per Salvi, in questo momento, il co-housing rappresenta «una delle soluzioni più efficaci» a disposizione del Comune per rispondere ai casi di disagio abitativo che colpiscono anche le donne. E uno di questi casi è stato riportato la scorsa settimana anche dal nostro giornale attraverso la testimonianza di una donna di 65 anni che, da circa un anno, vive in un box auto e che ha raccontato di aver rifiutato la proposta di co-housing per i rigidi «controlli» previsti dal progetto. Un aspetto su cui Salvi si è soffermato in Commissione, chiarendo così alcuni «equivoci». «Il co-housing non è solo un progetto abitativo ma è un accompagnamento per chi si trova in una situazione di fragilità che possa essere economica e non solo. Purtroppo, molte persone rifiutano per un equivoco – argomenta l’assessore -. Un motivo riguarda il fatto di sentirsi “controllati”, ma chi ha il compito di seguire le persone, ovvero un operatore della cooperativa Valdocco, non fa un lavoro di controllo ma di supporto operativo nella ricerca di un impiego, di un’altra sistemazione abitativa o nella gestione delle finanze». Il titolare della delega alla Casa sottolinea, dunque, che non c’è nessuna intenzione di «controllo» ma solo l’obiettivo di lavorare ad un’emancipazione delle donne coinvolte nel servizio. «Non sono tantissime le donne a cui si può proporre questa possibilità, anche perché servono alcune caratteristiche, come quella di essere in possesso di un minimo di reddito. Ma, pur non avendo un dato preciso, posso dire che nell’ultimo anno hanno rifiutato almeno 4 o 5 donne. E quando succede bisogna riesaminare il singolo caso per vedere se si trovano altre soluzioni. Non è semplicissimo perché magari non sono nelle condizioni di poter ricevere un altro tipo di sussidio», ha puntualizzato durante la Commissione.
Le altre misure
Ma, oltre al cohousing rivolto esclusivamente alle donne, il Comune sta mettendo in campo altre misure per provare a rispondere al disagio abitativo e ad ogni tipo di fascia d’età, compresa quella giovanile. «Abbiamo partecipato anche ad un bando della compagnia di San Paolo sull’abitare giovanile e l’idea è quella di proporre anche in questo caso un co-housing dedicato ai giovani – ha illustrato Salvi -. Il progetto si chiama “Sogni nel cassetto” e sono già stati definiti i dieci spazi abitativi che verranno utilizzati se dovessimo ricevere il finanziamento. Sette di questi vengono messi a disposizione dalla società Ream, due dal consorzio intercomunale e uno è un alloggio di edilizia residenziale pubblica».
Parallelamente, proseguono gli inserimenti all’interno dell’ex Dado, in cui sono stati realizzate dieci nuove case popolari. «Gli alloggi sono stati assegnati e cominciano anche ad essere abitati. A breve individueremo anche il facilitatore che andrà a vivere all’interno del Dado», ha specificato Salvi, delineando il quadro generale rispetto agli interventi del Comune su un tema come il disagio abitativo che, come abbiamo raccontato su queste colonne nelle ultime settimane, colpisce sempre più persone.