Stezzano (BG)

La straziante storia, riportata alla luce, di Battistina di Stezzano, deportata al posto del fidanzato

La vicenda della donna è una tra le 167 ricostruite dallo storico Antonio Lamera. Il 18 settembre la consegna delle prime medaglie d’onore

La straziante storia, riportata alla luce, di Battistina di Stezzano, deportata al posto del fidanzato

di Laura Ceresoli

«Parlare della sua prigionia nei lager le costava troppo. Solo a volte diceva qualcosa, magari davanti a un programma in tv, commentava brevemente, collegando le immagini ai suoi ricordi o lasciandosi sfuggire qualche particolare».

Così la figlia Mariangela e la nipote Gloria descrivono il silenzio che ha avvolto per decenni Battistina Camozzi, una stezzanese deportata nei lager nazisti durante la Seconda guerra mondiale. La sua è solo una delle 167 storie di deportati civili e militari di Stezzano che lo storico Antonio Lamera sta riportando alla luce con un paziente lavoro d’archivio.

Un progetto nato per garantire a ciascuno la medaglia d’onore del presidente della Repubblica. Finora sono state completate 35 pratiche, ma il Ministero dell’Interno ne ha approvate circa la metà.

Le prime 14 medaglie disponibili verranno consegnate dal prefetto Luca Rotondi ai familiari delle vittime il 18 settembre, alle 16.30, in piazza della Libertà a Bergamo, mentre il 20 settembre alle 10 le celebrazioni proseguiranno a Stezzano, al Cascinetto di via Mascagni, in occasione della “Giornata nazionale dei deportati civili e militari”. A seguire, alle 11.30, nella chiesa parrocchiale sarà celebrata una messa in ricordo dei defunti, con la benedizione del nuovo gagliardetto degli alpini.

Tra le testimonianze, quella di Battistina tocca il cuore. Aveva solo vent’anni e lavorava come tessitrice alla fabbrica Ponte Lambro quando un ingiusto destino la travolse. All’epoca era fidanzata con Luigi Passi, giovane partigiano che, dopo l’8 settembre 1943, sfruttava il suo mestiere di autista per mantenere le comunicazioni tra Azzano e Spirano.

Tradito da due ragazze del paese, fu costretto a nascondersi sotto un ponte per quindici giorni, nutrendosi di erbe. I repubblichini, non riuscendo a catturarlo, decisero di arrestare lei. Fu portata nell’ufficio del direttore Milesi, che era anche suo zio, e venne interrogata: volevano sapere dove era nascosto il fidanzato, ma non lo sapeva.

Non fu creduta. Convocarono sua madre (…)

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