Le discriminazioni nel mondo del lavoro e nel sistema pensionistico continuano a colpire in modo rilevante le donne, anche in provincia di Sondrio. È quanto emerge dall’analisi del Centro Studi della Cgil, che fotografa la situazione delle pensioni erogate nel 2025 sul territorio provinciale, mettendole a confronto con i dati regionali e nazionali.
Il comunicato della Cgil sottolinea sin dall’inizio come “le donne percepiscono salari più bassi della media maschile e quando vanno in pensione gli assegni mensili sono molto inferiori a quelli degli uomini”.
Una condizione che ha origine nel mercato del lavoro e che inevitabilmente si ripercuote sulle prestazioni previdenziali.
Accesso alla pensione: le donne si ritirano più tardi
I dati dell’INPS di Sondrio mostrano un allungamento costante dell’età media di pensionamento per le donne. Nel 2022 l’età si attestava a 63,9 anni, nel 2023 a 64,1, fino ai 64,5 del 2024, con un divario rispetto agli uomini che supera i due anni. La Cgil denuncia come «i cambiamenti legislativi […] non abbiano per nulla efficacia e le donne accedano alla pensione sempre più anziane e sempre più tardi rispetto agli uomini».
Il settore privato: importi tra i più bassi della Lombardia
Dei 67.319 assegni totali erogati in provincia nel 2025, 45.068 provengono dal settore privato. Qui si registrano alcune delle differenze più marcate.
L’importo medio lordo mensile, pari a 1.056,55 euro, è il più basso della Lombardia e inferiore del 20% rispetto alla media regionale.
Quasi il 55% delle pensioni è percepito da donne, una prevalenza dovuta però non a migliori condizioni lavorative, bensì alla maggiore longevità femminile. Guardando ai pensionati sotto i 70 anni, infatti, il 56,56% sono uomini e solo il 43,44% donne. «Per molte donne l’accesso alla pensione è addirittura negato e spesso il primo assegno pensionistico è quello di reversibilità», si legge nel comunicato.
Il divario è particolarmente evidente nelle pensioni anticipate: solo il 24,8% degli assegni spetta a donne, contro il 75,2% destinato a uomini. Le ragioni, ribadisce la Cgil, risiedono in «discontinuità, precarietà, part-time involontari e minor salario, ai quali si affiancano le difficoltà nel conciliare i tempi di lavoro e di cura».
Importi medi: un gap che colpisce due volte
Nel privato il gender gap emerge in modo netto.
L’assegno medio anticipato è di 2.001,83 euro per gli uomini e 1.374,57 euro per le donne (68,6%).
La pensione di vecchiaia si attesta a 899,84 euro per gli uomini contro 638,85 euro per le donne (71%).
Si tratta di una “doppia diseguaglianza di genere: nell’accesso alla pensione e nel valore di quanto percepito”.
Anche le pensioni liquidate nel 2024 confermano la tendenza: solo il 41,9% delle nuove prestazioni va a donne, che ricevono assegni notevolmente inferiori rispetto ai coetanei uomini.
Il pubblico impiego: più donne, ma importi ancora squilibrati
Nel settore pubblico vengono erogate 11.471 pensioni, di cui il 63,3% a donne. La presenza femminile prevale in settori come scuola, sanità ed enti locali, contribuendo a ridurre il divario numerico nell’accesso alla pensione.
Tuttavia, gli importi rimangono sperequati:
Nelle pensioni anticipate, le donne percepiscono 1.894 euro contro i 2.599 degli uomini (72,8%).
Nelle pensioni di vecchiaia il divario è ancora più marcato: 1.896 euro per le donne, 3.438 euro per gli uomini (55,1%).
Le pensioni liquidate nel 2024 acuiscono ulteriormente il fenomeno: gli assegni di vecchiaia delle donne rappresentano solo il 39,3% di quelli maschili.
Le conclusioni della Cgil: “La dipendenza economica è una forma di violenza”
Nelle conclusioni del comunicato, Michela Turcatti, segretaria generale della Cgil di Sondrio, e Carla Bongio, segretaria dello Spi Cgil, richiamano l’urgenza di intervenire:
“Va urgentemente affrontato il gender gap […] Finché non vi sarà una redistribuzione equa delle responsabilità di cura […] non si potrà parlare di parità”.
Le due rappresentanti denunciano inoltre come la difficoltà di accedere a posizioni apicali e i part-time involontari contribuiscano a pensioni sempre più povere.
Il riferimento al 25 novembre, Giornata internazionale contro la violenza sulle donne, è diretto:
“La dipendenza economica, prima e dopo, è di per sé un tipo di violenza”.
La Cgil ribadisce la necessità di una pensione flessibile a partire dai 62 anni e di un riconoscimento previdenziale del lavoro di cura svolto dalle donne, per mettere fine a un sistema che le penalizza nell’intero arco della vita.