Internazionale

Nuovi scontri e attacchi aerei tra Thailandia e Cambogia: evacuazioni di massa al confine

Interrotto il fragile periodo di tregua seguito agli accordi di cessate il fuoco rinnovati sotto la supervisione di Donald Trump

Nuovi scontri e attacchi aerei tra Thailandia e Cambogia: evacuazioni di massa al confine

La tregua tra Thailandia e Cambogia è durata appena poche settimane. All’alba di lunedì 8 dicembre 2025, intorno alle 5 del mattino (le 23 di domenica in Italia), la Thailandia ha lanciato una serie di attacchi aerei contro territori cambogiani, facendo precipitare nuovamente la situazione lungo un confine che da mesi è teatro di tensioni, violenze e accuse reciproche. L’azione militare è arrivata, secondo Bangkok, come risposta a un attacco cambogiano nella provincia thailandese di Ubon Ratchathani, durante il quale un soldato thailandese è rimasto ucciso e diversi altri sono stati feriti.

Una mappa del conflitto tra Thailandia e Cambogia

La Cambogia, dal canto suo, ha negato di aver compiuto qualunque attacco. Il ministero della Difesa ha accusato invece le forze thailandesi di aver aperto il fuoco nelle province di confine di Preah Vihear e Oddar Meanchey, sostenendo che Phnom Penh non abbia reagito pur subendo bombardamenti. Nel caos degli scontri, le autorità cambogiane hanno segnalato colpi d’arma da fuoco nei pressi dei templi secolari di Tamone Thom e Ta Krabei, spingendo molti abitanti dei villaggi a fuggire. Secondo il ministro dell’Informazione cambogiano Neth Pheaktra, almeno quattro civili cambogiani sono stati uccisi negli attacchi thailandesi e una decina risultano feriti.

Un nuovo brusco crollo della pace

Gli attacchi hanno interrotto il fragile periodo di calma seguito agli accordi di cessate il fuoco raggiunti a luglio, dopo giorni di combattimenti che avevano causato almeno 30 morti e costretto centinaia di migliaia di persone a lasciare le loro case. Quegli accordi erano stati rinnovati il 26 ottobre a Kuala Lumpur sotto la supervisione del presidente degli Stati Uniti Donald Trump, che aveva definito “storical’intesa e aveva annunciato nuovi accordi commerciali con entrambi i paesi. Ma la tregua aveva già iniziato a vacillare a novembre, quando la Thailandia aveva sospeso gli impegni dopo l’esplosione di una mina terrestre che aveva ferito quattro suoi soldati.

Nuovi scontri e attacchi aerei tra Thailandia e Cambogia: evacuazioni di massa al confine
Migliaia di persone hanno evacuato le zone vicino alla frontiera

Pensavamo che la minaccia alla sicurezza fosse diminuita, ma non è così”, ha dichiarato il primo ministro thailandese Anutin Charnvirakul, accusando la Cambogia di piazzare nuove mine lungo il confine. Phnom Penh aveva espresso “rammarico” per tali affermazioni, spiegando che si trattava di residui dei conflitti passati e ribadendo il proprio impegno a rispettare l’accordo, che prevedeva anche il rilascio di 18 prigionieri cambogiani detenuti in Thailandia. Le due parti avevano accettato inoltre di ritirare le armi pesanti, bonificare le zone minate e proseguire il dialogo, ma nessuno dei punti più sostanziali era stato risolto.

Evacuazioni di massa e bombardamenti incrociati

L’esercito thailandese ha annunciato di aver iniziato a utilizzare aerei militari “per colpire obiettivi militari” e “fermare il fuoco di supporto cambogiano”. Il portavoce Winthai Suvaree ha riferito che circa 35.000 persone sono state evacuate nella notte dalle aree thailandesi prossime alla frontiera. Bangkok ha inoltre accusato la Cambogia di aver lanciato razzi BM-21 verso zone civili della provincia di Buri Ram, senza causare vittime.

Phnom Penh sostiene invece che sia stata la Thailandia ad aprire le ostilità, bombardando più punti lungo il confine, comprese le aree nei pressi del tempio di Preah Vihear, dichiarato territorio cambogiano dalla Corte Internazionale di Giustizia. Una decisione che Bangkok continua a non riconoscere, mantenendo vivo un contenzioso territoriale che affonda le radici nell’epoca coloniale francese e che riguarda diversi tratti del confine, lungo circa 800 chilometri.

Un conflitto che si riaccende

Le tensioni fra i due paesi, storicamente radicate e alimentate da nazionalismi contrapposti, erano esplose con particolare violenza durante l’estate: cinque giorni di scontri avevano provocato 43 morti e lo sfollamento di circa 300.000 persone, prima di un fragile cessate il fuoco mediato da Stati Uniti, Cina e Malesia.

Oggi lo scenario sembra riproporsi quasi in maniera identica. I governi continuano a scambiarsi accuse incrociate e a rimpallarsi la responsabilità delle violazioni; i templi secolari e le zone di confine tornano a essere campo di battaglia; migliaia di civili sono costretti alla fuga; e le promesse di pace, firmate appena poche settimane fa, appaiono già svuotate.