Lunedì 20 ottobre 2025, l’Unione europea ha compiuto un passo storico verso l’indipendenza energetica da Mosca. I ministri dell’Energia dei Ventisette, riuniti in Lussemburgo, hanno approvato a maggioranza qualificata il regolamento che prevede lo stop graduale alle importazioni di gas naturale russo, sia via gasdotto sia sotto forma di gas naturale liquefatto (Gnl), entro il 1° gennaio 2028. Solo Slovacchia e Ungheria, fortemente dipendenti dalle forniture russe e prive di sbocchi al mare, hanno votato contro, ma il loro veto non è bastato a bloccare la misura.
La decisione, che rappresenta uno dei pilastri della strategia RePowerEU lanciata dopo l’invasione dell’Ucraina, mira a colpire una delle principali fonti di finanziamento della macchina bellica di Mosca. Nel 2025 il gas russo rappresentava ancora circa il 12-13% delle importazioni complessive dell’Unione, per un valore stimato di oltre 15 miliardi di euro l’anno, contro il 45% del 2021.
Una transizione in tre fasi
La roadmap approvata da Bruxelles scandisce il progressivo distacco in tre tappe:
- dal 1° gennaio 2026 sarà vietato firmare nuovi contratti;
- gli accordi a breve termine già in corso dovranno terminare entro il 17 giugno 2026;
- quelli a lungo termine dovranno cessare definitivamente entro il 1° gennaio 2028.
L’obiettivo è evitare shock improvvisi sul mercato, garantendo al tempo stesso la piena autonomia energetica europea.

“Non saremo mai più dipendenti da un aggressore“, ha dichiarato il commissario europeo all’Energia Dan Jørgensen, sottolineando che la sostituzione del gas russo passerà attraverso la diversificazione delle fonti, le energie rinnovabili e, dove previsto, il ricorso al nucleare di ultima generazione. Sulla stessa linea anche il ministro danese Lars Aagaard, presidente di turno del Consiglio Ue, che ha definito la decisione “una pietra miliare per il futuro del continente“.
Le resistenze di Ungheria e Slovacchia
Non tutti, però, condividono l’entusiasmo di Bruxelles. Il ministro degli Esteri ungherese Péter Szijjártó ha criticato duramente la misura, definendola “una minaccia alla sicurezza energetica nazionale“.
“Per noi l’approvvigionamento energetico non ha nulla a che fare con la politica o con la guerra in Ucraina – ha affermato –. Il divieto metterà a rischio la sicurezza dell’Ungheria, perché le infrastrutture rimanenti non sono sufficienti a rifornire il Paese”.
Anche la Slovacchia ha espresso preoccupazioni simili, chiedendo più tempo per adattarsi alla nuova realtà energetica.
La posizione dell’Italia
L’Italia ha votato a favore, pur manifestando cautela. In una nota ufficiale, il governo ha espresso “pieno sostegno agli obiettivi del regolamento” ma ha chiesto alla Commissione europea di avviare “un monitoraggio continuo e un’attenta verifica dell’impatto sui prezzi energetici“.

Roma ha inoltre espresso perplessità sugli obblighi di autorizzazione preventiva imposti agli importatori di gas proveniente da determinati Paesi produttori.
Gli effetti geopolitici ed economici
La mossa dell’Ue arriva in un contesto di forte pressione internazionale, anche da parte degli Stati Uniti. Negli ultimi mesi, il presidente Donald Trump aveva più volte invitato i governi europei a cessare gli acquisti di gas russo, sia per ridurre i finanziamenti alla guerra di Putin, sia per favorire l’importazione di Gnl americano. Bruxelles, dal canto suo, punta a garantire la sicurezza energetica con forniture diversificate e investimenti nelle rinnovabili.
L’Unione ha già ridotto drasticamente la dipendenza da Mosca: dal 45% delle importazioni pre-belliche a circa il 12% nel 2025. Tuttavia, il bando al gas russo rappresenta un passaggio definitivo.
“Non è un arrivederci, ma un addio“, ha commentato una fonte diplomatica europea. “Anche in caso di distensione con la Russia, l’architettura energetica europea è ormai ridisegnata: nuovi contratti, nuovi hub e un futuro fondato su fonti pulite e diversificate”.
Con il voto del Consiglio, il dossier passa ora al Parlamento europeo, che dovrà dare il via libera definitivo entro dicembre. Se confermato, il regolamento segnerà la fine di un’era e l’inizio di una nuova stagione energetica per l’Europa.