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Pensioni, cosa cambia davvero nel 2026: requisiti, modifiche e cosa è stato abolito

Abolite Quota 103 e Opzione Donna, aumento progressivo dell'età pensionabile e niente penalizzazioni sulla laurea

Pensioni, cosa cambia davvero nel 2026: requisiti, modifiche e cosa è stato abolito

Con la legge di Bilancio 2026 ormai avviata all’approvazione definitiva della Camera, il Governo interviene ancora una volta sul sistema pensionistico senza riscrivere la riforma Fornero, ma ritoccando in modo significativo canali di uscita, requisiti anagrafici e previdenza complementare. Il risultato è una manovra che chiude progressivamente le scorciatoie per il pensionamento anticipato, penalizza giovani e contributivi puri e rafforza il ruolo dei fondi pensione.

Addio a Quota 103 e Opzione Donna dal 2026

Nel capitolo pensioni della manovra non viene prorogata Quota 103, che consentiva l’uscita con almeno 62 anni di età e 41 di contributi, né Opzione Donna, riservata alle lavoratrici di specifiche categorie con almeno 61 anni e 41 di contributi.

Le due misure restano accessibili solo a chi matura i requisiti entro il 31 dicembre 2025. Dal 2026, quindi, non potranno più essere richieste.

La scelta segna una netta inversione di rotta sui pensionamenti anticipati, anche per esigenze di finanza pubblica.

Ape sociale prorogata fino al 2026

Resta invece in vigore l’Ape sociale, prorogata fino al 31 dicembre 2026. L’anticipo pensionistico a carico dello Stato sarà accessibile a:

  • disoccupati,
  • caregiver,
  • invalidi,
  • addetti a mansioni gravose o usuranti,
  • al compimento di 63 anni e 5 mesi, con requisiti contributivi differenziati (30, 32 o 36 anni a seconda della categoria).

L’importo massimo resta pari a 1.500 euro mensili. Le risorse stanziate ammontano a circa 170 milioni per il 2026, con effetti crescenti negli anni successivi.

Età pensionabile: tre mesi in più, ma diluiti su due anni

Uno dei nodi centrali della manovra riguarda l’adeguamento automatico dei requisiti alla speranza di vita.
In base alle norme vigenti, dal 2027 sarebbe dovuto scattare un aumento secco di tre mesi. Il governo ha scelto una soluzione più graduale:

  • dal 2027: aumento di un solo mese;
  • dal 2028: incremento complessivo di tre mesi.

I nuovi requisiti

Riassumiamo quindi in maniera schematica i requisiti per la pensione dal 2026.

Pensione di vecchiaia

  • 2027: 67 anni e 1 mese (con almeno 20 anni di contributi)
  • 2028: 67 anni e 3 mesi.

Pensione anticipata

  • 2027: 42 anni e 11 mesi di contributi
  • 2028: 43 anni e 1 mese (un anno in meno per le donne).

Resta invariata la finestra mobile di tre mesi tra maturazione del requisito e decorrenza della pensione.

Sono esclusi dagli incrementi i lavoratori impiegati in attività gravose e usuranti.

Stretta sui contributivi puri: niente più cumulo con i fondi pensione

Uno dei passaggi più rilevanti — e più penalizzanti per i giovani — riguarda i lavoratori interamente nel sistema contributivo (assunti dal 1996).
La manovra abroga la possibilità di cumulare la pensione Inps con la rendita della previdenza complementare per raggiungere l’importo minimo necessario ad andare in pensione a 64 anni.

Per accedere a questa uscita anticipata resta quindi necessario maturare solo con la pensione pubblica un assegno pari ad almeno:

  • 3 volte l’assegno sociale (3,2 dal 2030),
  • soglia ridotta a 2,8 per le madri con un figlio e 2,6 con almeno due figli.

Senza il cumulo, l’uscita a 64 anni diventa più difficile, soprattutto per le nuove generazioni.

Previdenza complementare e TFR: dal 1° luglio adesione automatica per i neoassunti

Proprio per compensare la riduzione delle uscite anticipate, il Governo rafforza la previdenza integrativa.
Dal 1° luglio 2026, per i lavoratori del settore privato assunti per la prima volta (esclusi domestici e badanti), scatta il silenzio-assenso sul TFR: se entro 60 giorni il lavoratore non esprime una scelta il TFR viene automaticamente destinato a un fondo pensione (di categoria o residuale Inps).

È comunque possibile optare esplicitamente per mantenere il TFR in azienda. Il “default” però cambia: non scegliere significa aderire.

Riscatto della laurea: nessuna stretta nel 2026

Dopo le ipotesi circolate nelle prime bozze, la manovra non introduce penalizzazioni sul riscatto della laurea.
Resta la possibilità di riscattare gli anni di studio nei limiti di legge, anche in forma agevolata per i periodi contributivi, con rateizzazione fino a 120 mesi e deducibilità fiscale.

Nel 2025 il costo agevolato indicato dall’Inps è pari a 6.123,15 euro per ogni anno riscattato.

Pensioni 2026: rivalutazione e minime a 620 euro

Dal 1° gennaio 2026 le pensioni saranno rivalutate provvisoriamente dell’1,4%, salvo conguaglio nel 2027.
La perequazione è piena (100%) solo fino a quattro volte il minimo, poi scende al 90% e al 75% per gli importi più alti.

Le pensioni minime salgono a 619,8 euro mensili, includendo l’aumento aggiuntivo dell’1,3% già previsto dalla manovra precedente: circa 3 euro in più rispetto al 2025.

Tagli ai fondi per precoci e usuranti: rischio strette future

La manovra non modifica le regole di accesso per lavoratori precoci e usuranti, ma riduce progressivamente le risorse dedicate:

lavoratori precoci:

  • 90 milioni nel 2032
  • 140 milioni nel 2033
  • 190 milioni dal 2034

usuranti:

  • 40 milioni annui dal 2033

Una scelta che non incide subito, ma apre il rischio di restrizioni negli anni futuri.

Chi viene penalizzato dalla manovra pensioni 2026

Nel complesso, la legge di Bilancio 2026:

  • chiude le principali uscite anticipate,
  • rende più difficile l’accesso alla pensione per giovani e contributivi puri,
  • mantiene una tutela selettiva per categorie fragili,
  • sposta l’asse del sistema verso la previdenza complementare.

Un riassetto graduale, ma strutturale, che riflette l’allungamento della vita media e una coperta di risorse sempre più corta.