La Manovra entra nella sua fase finale ma con tempi più lunghi del previsto. Dopo una giornata convulsa a Palazzo Madama, il governo ha posto la questione di fiducia sul maxiemendamento che sostituisce integralmente il testo originario della legge di Bilancio. Il voto, inizialmente atteso per ieri, è ora previsto per oggi – martedì 23 dicembre 2025 – in Aula al Senato, con la convocazione fissata alle ore 10.
Ad annunciare la fiducia è stato il ministro per i Rapporti con il Parlamento Luca Ciriani. Il maxiemendamento è composto da un solo articolo e circa 970 commi ed è il perno su cui l’esecutivo guidato da Giorgia Meloni si gioca una partita “tutto o niente“, nel tentativo di chiudere l’iter entro il 31 dicembre ed evitare il ricorso all’esercizio provvisorio.
Stralciate cinque norme, salta quella sugli arretrati ai lavoratori
Nel corso dell’esame in Commissione Bilancio è maturata la decisione di stralciare cinque misure dal testo. Tra queste spicca la norma più contestata, quella che avrebbe consentito ai datori di lavoro, pur riconosciuti colpevoli di aver corrisposto salari non conformi ai principi dell’articolo 36 della Costituzione, di non pagare gli arretrati qualora si fossero attenuti agli standard di alcuni contratti collettivi.

La misura, definita dalle opposizioni “anticostituzionale“, “vergognosa” e “una vigliaccata“, è stata ribattezzata “salva-imprenditori” ed è finita nel mirino dei sindacati. La Cgil aveva annunciato l’intenzione di impugnarla, mentre la segretaria del Pd Elly Schlein aveva parlato di “gravissimo colpo di mano sul salario equo“. Alla fine, la norma è stata ufficialmente stralciata, provocando l’esultanza delle opposizioni.
Saltano anche le disposizioni sulle cosiddette “porte girevoli” nella pubblica amministrazione, che avrebbero ridotto da tre a un anno il periodo necessario per assumere incarichi dirigenziali nel privato dopo ruoli apicali nella Pa, e quella che prevedeva deroghe ai divieti di inconferibilità per incarichi commissariali. Fuori dal testo anche la revisione dello spoil system per le Authority, una misura che, secondo fonti parlamentari, non sarebbe stata vista con favore nemmeno dal Quirinale.
Fiducia e polemiche, Aula divisa
L’Aula del Senato ha intanto bocciato la pregiudiziale di costituzionalità presentata dalle opposizioni con 101 voti contrari. Pd, M5s e Avs continuano però a denunciare un metodo giudicato scorretto e una manovra che, a loro dire, colpisce i più fragili.
Nel frattempo, all’interno della maggioranza non sono mancati attriti. Il capogruppo della Lega Massimiliano Romeo ha respinto le accuse di essere il “capro espiatorio” delle tensioni, rivendicando l’unità del partito e il risultato ottenuto sul fronte delle pensioni.
Giorgetti: “Percorso tortuoso, ma arriviamo in vetta”
Il ministro dell’Economia Giancarlo Giorgetti ha difeso con forza l’impianto della Manovra, riconoscendone il “percorso tortuoso” ma ribadendo che “l’importante è arrivare in vetta“. Lasciando Palazzo Madama, si è detto soddisfatto del lavoro svolto e ha rivendicato una linea di “prudenza, non austerità“, necessaria a fronte di un debito pubblico che genera circa 90 miliardi l’anno di interessi.

Giorgetti ha sottolineato lo stanziamento di sei miliardi per la sanità, definito “mai visto nei tempi recenti“, gli interventi a favore dei lavoratori dipendenti fino a 50mila euro di reddito e il recupero del fiscal drag. Ha inoltre difeso la tassa sui piccoli pacchi extra-Ue e la riforma della previdenza complementare, definita “coraggiosa e storica”, destinata – secondo il ministro – a garantire pensioni dignitose ai giovani.
Le principali novità della Legge di Bilancio 2026
La Legge di Bilancio 2026, dal valore complessivo di 22 miliardi, concentra le sue principali novità su fisco, lavoro, pensioni e sostegno alle imprese.
Sul fronte fiscale è confermato il mini-taglio dell’Irpef, con la riduzione della seconda aliquota dal 35% al 33% per i redditi fino a 50mila euro, misura pensata per sostenere il ceto medio, mentre viene ridotto il finanziamento alla Rai di 10 milioni di euro e tagliato il Fondo per lo Sviluppo e la Coesione per 300 milioni nel 2026 e 100 milioni annui nel 2027 e 2028.
In materia previdenziale, dal 1° luglio 2026 scatta l’adesione automatica alla previdenza complementare per i nuovi assunti nel settore privato, con meccanismo di silenzio-assenso, mentre già dal 1° gennaio 2026 sarà obbligatorio il versamento del Tfr al Fondo Inps anche per le aziende con almeno 50 dipendenti, soglia che scenderà a 40 dal 2032. Viene inoltre estesa la tassazione agevolata al 5% sugli aumenti contrattuali anche ai contratti rinnovati nel 2024, ampliando la platea ai redditi fino a 33mila euro. La manovra introduce anche un nuovo acconto sui premi assicurativi di veicoli e natanti, pari all’85% del contributo dell’anno precedente, con un gettito stimato di 1,3 miliardi nel 2026.
Sul fronte delle imprese sono rafforzati gli aiuti, dai crediti d’imposta per Transizione 5.0 al sostegno alla Zes unica, mentre salta l’ipotesi di utilizzare i fondi della previdenza complementare per anticipare la pensione di vecchiaia e viene accantonata la riapertura del condono edilizio, trasformata in un semplice ordine del giorno.
Corsa contro il tempo
Con il maxiemendamento ancora al centro di verifiche tecniche e politiche e la fiducia appena posta, la Manovra si avvia ora al voto finale in Senato. I tempi restano stretti e il rischio dell’esercizio provvisorio incombe sullo sfondo come una Spada di Damocle. Il governo punta a chiudere entro fine anno, ma le tensioni emerse nelle ultime ore mostrano quanto la strada verso l’approvazione definitiva resti ancora accidentata.