Processo «Platinum», addio all’impero della famiglia Vazzana
Ricorsi respinti
La Cassazione ha chiuso definitivamente il capitolo giudiziario sui beni confiscati alla famiglia Vazzana, respingendo tutti i ricorsi contro la decisione della Corte d’Appello relativa alle misure di prevenzione. Con la sentenza del 16 settembre, pubblicata il 3 dicembre scorso, la Sesta Sezione Penale presieduta da Gaetano De Amicis ha accolto la richiesta del Sostituto Procuratore Generale Elisabetta Ceniccola, che chiedeva di dichiarare inammissibile il ricorso presentato nell’interesse di Mario Vazzana (63 anni) e di rigettare quelli dei suoi familiari.
Le contestazioni di Vazzana
Fulcro del procedimento resta Vazzana, che ha contestato il periodo di «manifestazione di pericolosità», secondo la difesa «erroneamente ritenuta sussistere in virtù di una affiliazione alla locale di Volpiano verificatasi in epoca antecedente al 27/02/1991, mentre, secondo le sentenze che l’hanno accertata, tale affiliazione risale ad epoca successiva (1994)». La Corte ha chiarito che «l’adesione all’associazione di stampo mafioso è stata accertata […] almeno dagli anni ’90 del secolo scorso». Altro punto contestato era «la correlazione temporale tra manifestazione di pericolosità e acquisti» riguardo a due società e ad un immobile in epoca antecedente al 1991. Secondo la Cassazione, «il decreto [della Corte d’Appello], conteneva, in riferimento ai singoli beni oggetto di ablazione, compiuta motivazione in ordine alla data dell’acquisizione, sempre ricadente nel periodo di manifestazione della pericolosità, e della sproporzione in cui versava il nucleo familiare».
Un patrimonio passato al setaccio
Un capitolo rilevante riguarda Agostina Ceravolo (52 anni), e i figli Antonio (30) e Cataldo Madea (25 anni), conviventi con Mario Vazzana dal 2017. In particolare, per la società Extreme s.a.s., i giudici scrivono: «La società è stata costituita tra Agostina Ceravolo e i figli pochi giorni prima dell’acquisto dal “Ristorante Belmonte” s.a.s. del bar “La Corte” al prezzo di 12.000 euro, che non risulta mai essere stato corrisposto. La società “Ristorante Belmonte” aveva acquistato il bar “la Corte” pochi anni prima, per far fronte ad una importante esposizione debitoria. A seguito della cessione del bar alla neocostituita società, “Ristorante Belmonte” s.a.s. è stata completamente svuotata, mentre l’attività del bar è proseguita apparentemente in capo a terzi, al riparo da aggressioni dei creditori». Nel passare al setaccio il patrimonio, i giudici osservano: «Quanto al veicolo Volvo XC 60, acquistato nel 2017 da Agostina Ceravolo, le disponibilità economiche della ricorrente non consentivano l’acquisto». Anche in questo caso la Corte conferma il decreto d’Appello, che aveva «minuziosamente ricostruito la situazione patrimoniale del nucleo familiare di Agostina Ceravolo e dei figli in epoca antecedente al 2017, situazione tanto precaria da rendere necessario per garantirne la sopravvivenza il ricorso all’aiuto delle famiglie d’origine, nonché la provenienza delle somme utilizzate per il pagamento dell’autovettura BMW intestata a Antonio Madea, con riferimento a tutti i versamenti effettuati sul conto corrente, incompatibili con il reddito e ingiustificati».
«Infondato» anche il ricorso della moglie del fratello
«Infondato» anche il ricorso di Anna Ida D’Erchie (59 anni), moglie di Giuseppe Vazzana. La Cassazione «ha diffusamente argomentato in ordine alla deduzione relativa alla provvista per l’acquisto dell’immobile di via San Marco 22, rilevando che […] si tratta di un accumulo fittizio in periodo di sperequazione». Per quanto riguarda la Green s.r.l. e l’immobile di Volpiano in via Umberto I 11, «emerge che negli anni in cui sono state poste in essere tali operazioni vi è sempre stato un saldo negativo tra entrate e uscite» e che «i finanziamenti a favore di Green s.r.l. hanno ecceduto le risorse a disposizione della ricorrente, così deponendo nel senso di un contributo economico del marito. La stessa cessione delle quote, considerato il momento in cui è stata posta in essere, è stata qualificata come operazione fittizia mirata a preservare il patrimonio familiare. Dai dialoghi captati si deduce in modo chiaro, ad avviso dei Giudici di merito, che la ricorrente non era nemmeno consapevole di cosa fosse la società Green s.r.I. […]». Per questi motivi la Corte «rigetta i ricorsi e condanna i ricorrenti al pagamento delle spese processuali»
L’operazione «Platinum-Dia»
5 maggio 2021. All’alba, a dieci anni dall’operazione «Minotauro», scatta «Platinum-Dia», una delle più imponenti inchieste contro la criminalità organizzata in Piemonte. Coordinata dalla Dia e dalla Procura di Torino, l’inchiesta ricostruisce le attività della locale di ‘ndrangheta di Volpiano, evidenziando un intreccio a livello internazionale tra affari legali e attività illecite finalizzate al riciclaggio di denaro e al sostegno agli affiliati. Tra gli arrestati figurano anche i fratelli Mario (63 anni) e Giuseppe Vazzana (60 anni), noti imprenditori del Canavese attivi nel settore alberghiero e della ristorazione tra Volpiano e Chivasso, condannati nel settembre 2023 per il reato di associazione mafiosa rispettivamente a 6 anni e 11 mesi (Mario) e 6 anni e 8 mesi (Giuseppe) di reclusione. Nel gennaio 2024 la Sezione Misure di Prevenzione del Tribunale di Torino, su proposta della Dia, dispone la confisca di beni per circa otto milioni di euro, comprendenti compendi aziendali, quote societarie, rapporti finanziari, autoveicoli e immobili, tra cui un hotel che a Volpiano porta il loro nome. Nell’ottobre 2024 la Corte d’Appello conferma le condanne che diventano definitive con la sentenza della Cassazione dello scorso aprile. Gli effetti dell’indagine, che hanno scosso ancora una volta il Canavese, si fanno sentire ancora oggi.