Chiara è una di quelle persone che basta sentirla parlare per pochi minuti del suo mestiere per capire quanta passione ci sia dietro. E se la guardi negli occhi puoi solo che trovarne conferma. Chiara Domenighini, 35 anni a dicembre, di professione è restauratrice di opere d’arte, è originaria di Breno, ma il cuore della sua attività è a Losine.
Riavvolgiamo il nastro, ripartiamo da capo. “Alle superiori ho fatto il Liceo Classico ma poi ho capito che non era la mia vocazione e allora, finita la Maturità, ho fatto il test d’ingresso alla scuola di Restauro Botticino, l’ho passato e ho scelto dipinti su tela e tavola e arredi lignei, che quindi comprende tutto ciò che è fatto di legno antico, dal mobilio, alle cornici, i candelabri, i portali e via dicendo. Ho conseguito la laurea triennale nel 2013, ho lavorato per qualche anno a Firenze e a Roma e nel 2017 sono tornata in Valcamonica dove ho aperto il mio laboratorio, prima a Breno e poi a Losine”.
Perché il Classico se poi hai scelto una strada più… artistica? “Le attività manuali mi sono sempre piaciute molto, ma tornando indietro farei ancora questa scelta, perché ti apre la mente e ti dà una bella base di studio, che mi è servita anche successivamente”.
Il tuo laboratorio si chiama Oublis, perchè? “In realtà è un nome ‘inventato’, ma viene da “les Oublis” che in francese vogliono dire “le cose vecchie, dimenticate, obsolete”.
Che impatto ha avuto la tua professione sul territorio? “Si tende spesso a credere che la valle offra meno opportunità rispetto alla città, mentre per quanto mi riguarda non è così, io qui ho trovato tanti appassionati, mercanti d’arte, anche se poi lavoro anche fuori da qui. Certo, magari il bacino è più piccolo, ma ci sono comunque collezionisti di qualità quindi per me non è mai stato un problema. Ti sembrerà incredibile, ma ci sono clienti che non ho nemmeno mai visto, ma mi hanno spedito dei dipinti da restaurare e ci siamo sempre sentiti telefonicamente o via mail. Insomma, non sempre è necessario venire in laboratorio, anche perché il cliente viene sempre aggiornato su ciò che sto facendo sulle sue opere quindi si sente sicuro e ugualmente seguito anche se non passa fisicamente da qui”.
Chi è il tuo cliente tipo? “Quello che colleziona opere d’arte e in particolare i dipinti antichi, che il mio pane quotidiano, ed è quello con cui trovo anche più affinità. Non solo ovviamente, perché c’è anche chi magari ha solo un quadro che ha ereditato e vuole farlo sistemare. Non escludo nessuno e soprattutto non restauro solo dipinti del Cinquecento, per esempio, se qualcuno mi chiede di restaurare un dipinto dei primi del Novecento, va bene lo stesso. Io restauro la materia, non devo guardare se un dipinto ha o non ha un certo valore economico, perché magari qualcosa che per me non ha valore, ce l’ha per la persona che me lo porta, e il valore affettivo non è mai quantificabile. Lavoro molto anche per i mercanti d’arte, che di dipinti ne hanno sempre, e collaboro anche con altri colleghi restauratori”.
L’intervento più complesso che ti sei trovata di fronte? “Lasciami dire che quelli più complessi, più belli e più soddisfacenti sono i dipinti devastati, quelli che uno guardandoli pensa: ‘Questo non tornerà mai più come prima’, ed è vero che i dipinti non tornano mai come prima, hanno una storia e delle caratteristiche che sono il loro valore aggiunto, però possono tornare ad essere più che dignitosamente leggibili. Ecco, quando sono compromessi, il lavoro è ancor più soddisfacente. Proprio nei giorni scorsi stavo riguardando i lavori che ho fatto negli anni e ho trovato quello di una tavola lignea acquistata da un mio cliente in Francia; è arrivato da me dicendo di essere sicurissimo che fosse stata ridipinta e quando l’ho visto ho capito che aveva ragione, sotto quel soggetto così strano c’era qualcosa e infatti era la copia di una morte di San Bruno. Quando ha visto il risultato è stato felicissimo”.
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Chiara, che ridà vita alle opere d’arte