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La Lega stoppa l’approvazione della legge sulla violenza sessuale, ira di Boccia

Fermo in commissione il provvedimento sul quale era stato trovato l'accordo fra Meloni e Schlein

La Lega stoppa l’approvazione della legge sulla violenza sessuale, ira di Boccia

Proprio nella Giornata internazionale per l’eliminazione della violenza contro le donne, martedì 25 novembre 2025, un caso politico che ha destato la rabbia di tutte le opposizioni.

Doveva essere una bella pagina di responsabilità condivisa per contrastare la violenza di genere e invece è esplosa la polemica contro la Lega che ha deciso di fermare la legge sugli stupri.

La Legga blocca la legge sugli stupri

Il disegno di legge che inserisce nel Codice penale l’assenza di consenso libero e attuale come fondamento del reato di violenza sessuale – già approvato all’unanimità dalla Camera – si è bloccato in Commissione Giustizia al Senato per un intervento della Lega.

Una mossa che ha mandato su tutte le furie l’opposizione e messo in imbarazzo il governo. Il disegno di legge sanciva una formula netta: chi compie atti sessuali senza il consenso libero e attuale della persona offesa rischia da sei a dodici anni di carcere.

Una norma chiara e coerente con gli standard internazionali, presentata come un passo necessario per modernizzare la legislazione italiana.

Salta l’accordo tra Meloni e Schlein

L’accordo politico era stato raggiunto tra Giorgia Meloni ed Elly Schlein il 12 novembre e aveva creato un clima di collaborazione che in molti  hanno elogiato.

Giorgia Meloni ed Elly Schlein il giorno dell’accordo

L’approvazione finale al Senato, prevista proprio nella Giornata per l’eliminazione della violenza contro le donne, avrebbe offerto un segnale forte. Invece, tutto si è arenato.

È stato il ministro per i Rapporti con il Parlamento, Luca Ciriani di Fratelli d’Italia, a fare il nome della Lega.

Non è una iniziativa del governo ma dei gruppi che hanno chiesto un approfondimento, in particolare la Lega, ma io non faccio l’avvocato difensore dei gruppi. Abbiamo fatto tutto il possibile”, ha dichiarato.

Luca Ciriani

Il sospetto che la premier sapesse

La presidente della Commissione, la leghista Giulia Bongiorno, ha chiesto un nuovo ciclo di audizioni e un intervento correttivo, in particolare sulla definizione dei casi di minore gravità.

Tecnicismi, secondo la maggioranza. Un pretesto, secondo l’opposizione, che vede nella mossa del Carroccio una scelta politica più che procedurale.

Ad alimentare i sospetti è anche il fatto che, nonostante la premier avesse confermato in mattinata la bontà dell’accordo, nel pomeriggio abbia spostato l’attenzione soprattutto sul ddl femminicidio già in dirittura d’arrivo.

Nessuna presa di posizione netta per difendere l’intesa sul consenso, alimentando la sensazione che la frenata non sia arrivata del tutto a sua insaputa.

Boccia del Pd: “Grave arretramento”

Avanza intanto senza intoppi l’altro provvedimento, quello sul reato autonomo di femminicidio, approvato all’unanimità dalla Camera con 237 voti. Una vittoria, sì, ma arrivata in un clima appesantito dal caos del Senato.

Durissimo il commento del capogruppo Pd in Senato Francesco Boccia: “Questa norma è un cardine di dignità umana. Frenarla oggi è un grave arretramento rispetto a un accordo politico solenne”.

Francesco Boccia

L’amarezza di Elly Schlein

Anche la leader del partito Elly Schlein non ha nascosto la sua amarezza dopo aver votato il testo del ddl stupri.

“Sono venuta a fare il mio dovere perché rispetto gli accordi. Sarebbe grave se, sulla pelle delle donne, si consumassero rese dei conti post elettorali all’interno della maggioranza”, tuona.

La segretaria del Pd ha anche rivelato di aver chiamato la premier.

“Io le ho chiesto di far rispettare gli impegni presi, tutto il resto dovete chiederlo a lei”.

Elly Schlein

Una giornata spaccata in due

Il colpo di scena in Commissione Giustizia ha spinto i senatori del centrosinistra ad abbandonare i lavori.

Anche alla Camera il clima si è fatto incandescente: Avs, Pd, M5s e Iv hanno chiesto di sospendere il ddl femminicidio fino a chiarimento della situazione.

La maggioranza ha respinto la richiesta, preferendo separare i due percorsi legislativi – scelta che le opposizioni considerano un modo per evitare di affrontare subito il nodo del consenso.

Il risultato è una giornata spaccata in due: da un lato l’approvazione definitiva del reato di femminicidio, dall’altro lo stop improvviso a un testo che aveva raccolto un consenso politico raro. Una scelta che, anche se presentata come un rinvio tecnico, arriva nel giorno meno opportuno.