Lombardia

Studente accoltellato, aggressori “dispiaciuti”

I due maggiorenni del branco sono stati ascoltati oggi a San Vittore

Studente accoltellato, aggressori “dispiaciuti”

Hanno risposto alle domande del gip e si sono detti dispiaciuti Alessandro Chiani e Ahmed Atia, i due maggiorenni in carcere per aver aggredito e accoltellato lo scorso 12 ottobre a Milano, in zona corso Como, lo studente 22enne che ora rischia di rimanere invalido. I due monzesi sono stati ascoltati, oggi, venerdì 21 novembre 2025, a San Vittore, nell’ambito degli interrogatori di garanzia.

Studente accoltellato, aggressori “dispiaciuti”

«Ha risposto a tutto ed è dispiaciuto», le parole pronunciate dall’avvocato di Chiani, Giovanni Luigi Giovanetti che ha tentato in tutti i modi di schivare le domande dei cronisti all’uscita del carcere.

“Non sapevo del coltello”

Diverso il commento dell’avvocato Elena Luigia Patrucchi, che difende Ahmed Atia (il 18enne che avrebbe fatto da palo) che ha ribadito che il suo assistito pensava si trattasse di un episodio di poco conto che non sapeva della presenza di un coltello. Atia si è inoltre detto disposto a scrivere una lettera al ragazzo accoltellato e alla sua famiglia. La finalità difensiva sarebbe quella di far cadere la contestazione del reato di tentato omicidio.

La feroce aggressione

L’aggressione si è consumata alle 3 di notte circa del 12 ottobre scorso in via Rosales, all’angolo con viale Montegrappa, a ridosso di Corso Como, zona per eccellenza della movida milanese. Il 22enne studente della Bocconi, così come ricostruito anche grazie all’acquisizione dei filmati delle telecamere presenti in zona, è uscito da un locale alle 2.33. Fuori, c’erano già tre giovani che sono stati raggiunti da altri due coetanei. Insieme si sono avvicinati allo studente chiedendogli delle sigarette. Poi la richiesta del denaro. Le telecamere hanno quindi immortalato uno del gruppo strappare dalle mani della vittima una banconota, per poi allontanarsi.

Pugni, calci, poi l’accoltellamento

Il 22enne li ha inseguiti nella speranza di riprendersela. Ed è in questo frangente che è scattato il pestaggio. I tre minorenni della banda lo hanno colpito ripetutamente con pugni e calci. Attimi di una ferocia inaudita, culminati con l’arrivo di un quarto componente del branco – giacca bianca indosso e casco, particolare che aiuterà gli investigatori a identificarlo in Chiani – che ha aperto un coltello a scatto e, mettendosi alle spalle della vittima (che era già a terra), lo ha colpito con due fendenti, di cui uno al torace.  A quel punto il branco (che si era nel frattempo ricompattato: il 18enne di origini egiziane aveva assistito in disparte all’aggressione, fungendo da palo) si è allontanato, lasciando lo studente a terra, inerme.

Lo studente ha rischiato di morire

A dare l’allarme sono stati due passanti che sentendo dei rumori che li hanno insospettiti si sono precipitati a vedere cosa stesse accadendo, trovando il 22enne accasciato a terra.
Sul posto è intervenuta dapprima un’ambulanza che lo ha trasportato d’urgenza al Fatebenefratelli, dove è stato ricoverato in Rianimazione con prognosi riservata.

Le indagini hanno portato a Monza

Gli agenti della Polizia di Stato hanno raggiunto il luogo dell’aggressione dando il via alle indagini partite dalla visione dei filmati delle telecamere della zona, proseguite con l’impiego del portale di riconoscimento facciale (che ha portato all’identificazione di un membro del branco, che era risultato essere già stato sottoposto a controllo e dunque presente nel sistema) e con gli accertamenti dei profili social. Da una foto postata su Instagram, gli agenti del Commissariato Garibaldi Venezia sono riusciti a risalire al responsabile delle coltellate: la giacca bianca indossata nello scatto corrispondeva a quella che indossava la sera della terribile aggressione e anche il casco corrispondeva. E quindi il cerchio, progressivamente, si è stretto intorno al branco, conducendo gli investigatori a Monza, dove tutti e cinque i responsabili delle violenze risiedono.

Le intercettazioni

«Magari quel cogl….e è ancora in coma, domani schiatta e ti danno omicidio», «ma speriamo bro’, almeno non parla. Te non hai capito, io gli stacco tutti i cavi».
L’assoluta e disumana indifferenza nei confronti della sofferenza altrui di cui ha scritto la gip del Tribunale dei Minori emerge in tutta la sua evidenza nelle agghiaccianti conversazioni intercorse tra i giovani nella sala d’attesa del Commissariato, dove erano stati convocati il giorno stesso in cui erano state effettuate le perquisizioni. Risate, scambi di battute, allusioni a possibili reiterazioni dei reati commessi e persino ipotesi di fuga all’estero in paesi in cui non c’è l’estradizione. Tutto intercettato dalle cimici piazzate dagli investigatori.