Secondo un rapporto della Fondazione Gimbe la rete di cura per le dipendenze patologiche ha qualche difficoltà.
Le carenze nella rete di cure delle dipendenze patologiche denunciate da Fondazione Gimbe
Dipendenze patologiche: Fondazione Gimbe ha denunciato le carenze e lo ha fatto al Congresso nazionale Federserd, con una relazione elaborata a partire dai dati della Relazione annuale della Presidenza del Consiglio al Parlamento sul fenomeno delle tossicodipendenze in Italia (2025) e del Rapporto Oised-Crea (2024).
«Stiamo pagando il prezzo di un immobilismo normativo e organizzativo – dichiara Nino Cartabellotta, presidente della Fondazione Gimbe – e i servizi per le dipendenze rappresentano oggi un’anomalia strutturale del nostro Servizio Sanitario Nazionale: frammentati, disomogenei e con personale insufficiente. La loro efficacia dipende troppo spesso dalla buona volontà di professionisti e operatori, più che da un’adeguata programmazione dei servizi per prevenire, diagnosticare e trattare un fenomeno il cui impatto sulla salute pubblica è molto rilevante, soprattutto tra i più giovani. Serve una riorganizzazione nazionale, non più iniziative spot».
Gli accessi al pronto soccorso per patologie legate alla droga sono lievemente diminuiti
Nel 2024 sono stati registrati 8.378 accessi in PS per patologie direttamente droga-correlate, con una lieve riduzione rispetto al 2023 (-2,5%): il 43% riguarda soggetti tra i 25 e i 44 anni, ma preoccupa il dato sui minorenni, che rappresentano il 10% degli accessi. Quasi la metà dei pazienti (47%) è arrivata in pronto soccorso per psicosi indotta da sostanze. In 904 casi (11%) si è reso necessario un ricovero ospedaliero: il 37% dei pazienti è stato trasferito in un reparto di psichiatria, il 17% in terapia intensiva e il 4% in pediatria. Nel 2023 (ultimo anno disponibile) i ricoveri ospedalieri con diagnosi principale droga- correlata sono stati 7.382 (+13% rispetto al 2022), pari a 9,3 ricoveri ogni 10.000 abitanti. Il trend è in netta crescita rispetto al 2012, quando il tasso era di 6 per 10mila abitanti. Nel 2023 il tasso di ospedalizzazione per patologie direttamente correlate al consumo di sostanze stupefacenti ha sfiorato i 14 ricoveri ogni 100mila abitanti, con marcate differenze territoriali: nelle Regioni settentrionali si concentrano infatti il 69% delle ospedalizzazioni droga-correlate.
I servizi non bastano, con questi dati
A fronte di questi dati, i servizi risultano carenti. Nel 2024 sono stati censiti 198 servizi di primo livello, di cui 46 pubblici (22%) e 152 gestiti dal privato sociale (77%). Comprendono 123 unità mobili, 49 centri drop-in e 26 centri di prima accoglienza. Il tasso medio nazionale è di 0,4 per 100mila abitanti tra 15 e 74 anni: il Piemonte registra lo stesso dato, la Liguria 0,5 e la Lombardia 0,8. Sono presenti 1.134 servizi ambulatoriali, di cui 96% pubblici e 4% gestiti dal privato sociale: 571 sono Servizi per le Dipendenze, 279 servizi per il gioco d’azzardo, 207 servizi di alcologia, 41 SMI e 36 SerD negli istituti penitenziari: la media è di 2,6, la Lombardia ha lo stesso valore, la Liguria si ferma appena sotto (2,5), meglio il Piemonte con 3,1. Ma anche qui si ha il problema della carenza di personale: circa 6mila dipendenti complessivi, con una media di 24,1 dipendenti per ambulatorio, la Lombardia appena sopra con 26,4 e il Piemonte appena sotto con 23,6 ma la Liguria ne ha solo 16,8. per rispettare gli standard (definiti nel decreto ministeriale 77) a livello nazionale servirebbero altri 1.900 operatori.
Le strutture residenziali o semi residenziali, invece, sono in media 2,1 ogni 100mila abitanti ma in questo caso tutto il Nordovest ha numeri migliori: la Liguria 2,7, la Lombardia 2,9 e il Piemonte 3,2.
Le strutture specialistiche
356 sono strutture specialistiche e si suddividono in quattro tipologie: 13 (4%) dedicate ai minori con problematiche droga-correlate, 31 (9%) rivolte a genitori tossicodipendenti insieme ai figli, 132 (37%) destinate a pazienti con comorbidità psichiatriche, 180 (50%) orientate ad altre forme di assistenza specialistica. La maggioranza di queste strutture (il 52%) è concentrato proprio nel Nordovest.
«Il quadro è molto serio – continua Cartabellotta – perché questi servizi restano spesso fuori dalle agende politiche e assenti nei piani di riforma regionali della sanità territoriale. Eppure, si prendono cura di popolazioni fragili, ad alto rischio di emarginazione e cronicizzazione. E la mancata presa in carico si traduce in accessi al pronto soccorso, ospedalizzazioni, aggravamento o cronicizzazione dei disturbi, aumento del disagio sociale e dei costi per il Servizio Sanitario Nazionale».