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Record lombardo per bonifiche ambientali in corso

«Del totale dei procedimenti in corso – scrivono gli esperti - il 60% (10.326 procedimenti) si trova nella fase di notifica e cioè la prima fase procedurale, costituita dall’avvio del procedimento. Di questi l’86% è localizzato in Campania, Regione che ospita numerosi siti ex SIN che, al momento del passaggio alla competenza regionale, erano costituiti da aree per le quali, in gran parte, non era stato ancora avviato il procedimento di bonifica».

Record lombardo per bonifiche ambientali in corso

E’ la Lombardia la regione che, insieme alla Campania e alla Toscana, al 31 dicembre 2021 presentava il maggior numero di operazioni di bonifiche ambientali in corso.

Bonfiiche ambientali in corso, il record è lombardo

Più nel dettaglio, la regione più popolosa d’Italia ha il 17% del totale delle bonifiche in corso nel nostro Paese, ed è la seconda regione nella classifica nazionale per presenza di bonifiche in corso. La Campania occupa il primo posto della classifica con una quota del 18%, mentre la Toscana è sul terzo gradino del podio con il 12% del totale delle bonifiche in corso nello Stivale. Gli altri territori del Nordovest sono molto indietro nell’elenco: il Piemonte è al 5%, la Liguria al 2% e la Valle d’Aosta addirittura allo 0,2%. Lo rivela una ambiziosa e corposa indagine sullo stato di salute del mercato delle bonifiche ambientali, realizzato da Ref Ricerche.
In tutto i procedimenti in corso sono 17.340, su un totale di 36.814 siti.

«Del totale dei procedimenti in corso – scrivono gli esperti – il 60% (10.326 procedimenti) si trova nella fase di notifica e cioè la prima fase procedurale, costituita dall’avvio del procedimento. Di questi l’86% è localizzato in Campania, Regione che ospita numerosi siti ex SIN che, al momento del passaggio alla competenza regionale, erano costituiti da aree per le quali, in gran parte, non era stato ancora avviato il procedimento di bonifica».

I siti di interesse nazionale

L’indagine prende in esame i siti di interesse nazionale, ossia quelli che per stato di inquinamento ed estensione sono , come i siti di interesse nazionale siano in tutto il Paese 42, dei quali 18 al Nord, 7 al Centro e 17 tra Sud e Isole, per una superficie complessiva di quasi 148mila ettari di terra e 77mila ettari di mare (senza considerare nel computo il sito dell’Area vasta di Giugliano, in provincia di Napoli, per il quale la perimetrazione non è stata ancora formalmente definita). Studiando la distribuzione geografica in base alle dimensioni e non al numero dei siti individuati a livello nazionale, emerge come comunque la maggior parte delle aree da bonificare in seguito a varie forme di inquinamento siano per la maggior parte al Nord, con il 65% del totale della superficie interessata. Per meglio comprendere il quadro, il report cita l’esempio del solo sito di interesse nazionale di Casale Monferrato, che da solo si estende per ben 74mila ettari, su un territorio che riguarda ben 48 comuni piemontesi. Secondo i dati forniti dal Ministero dello sviluppo economico invece i siti di interesse nazionale sono, nel Nordovest, 12 (5 in Lombardia, 4 in Piemonte, 2 in Liguria e 1 in Valle d’Aosta).

Quelli di interesse regionale

Dopo i siti di interesse nazionale ci sono quelli di interesse regionale. Sono i siti oggetto di procedure di bonifica che, pur presentando «criticità ambientali rilevanti», non sono di rilevanza nazionale per la pericolosità, l’estensione o le possibili ricadute sanitarie e ambientali. «I criteri possono variare in base agli strumenti normativi e pianificatori adottati a livello regionale. In generale – si legge nel rapporto – si tratta di ex aree industriali dismesse, impianti dismessi di trattamento rifiuti, discariche esaurite, siti produttivi attivi con situazioni di contaminazione localizzata o diffusa, aree portuali o interportuali, nonché siti interessati da incidenti ambientali circoscritti». Le dinamiche dei processi di bonifica per questa tipologia di siti è la stessa messa in campo per quelli nazionali, ma in alcuni casi possono essere più limitate per la scarsità di risorse economiche delle amministrazioni regionali o locali rispetto alla potenza di fuoco che può mettere in campo lo Stato.

E quelli non ricompresi in nessuna delle due tipologie

La grande maggioranza di siti contaminati però non rientra né in un caso né nell’altro di quelli appena elencati. Si tratta di aree piccole con contaminazioni localizzate, le cui bonifiche sono in capo alle amministrazioni locali. Ad esempio si tratta di ex distributori di benzina, piccole attività produttive dismesse, ex discariche o aree militari, senza nessuna rilevanza nazionale ma con un potenziale importante sulle falde superficiali e sulle aree residenziali.

I siti orfani e il Pnrr

Esiste poi una tipologia di siti potenzialmente contaminati nei quali i procedimenti di bonifica non siano stati avviati o siano conclusi, e sono definiti siti orfani. In tutta Italia i procedimenti relativi siti orfani sono 444 (sempre al 31 dicembre 2021), dei quali solo il 9% conclusi. Le regioni con più concentrazioni di questa tipologia di aree sono Marche, Campania e Calabria, mentre Lombardia e Piemonte sono (assieme alla Toscana e al Lazio) le Regioni nelle quali le procedure di bonifica dei siti orfani sono totalmente coperte da finanziamenti. In Lombardia sono 44, in Piemonte 26 e in Liguria 6 (parlando solo dei progetti finanziati, il totale dei siti orfani nella regione costiera è di 13), mentre la Valle d’Aosta ha 4 siti orfani, nessuno dei quali è stato finanziato. «Qualora il responsabile della contaminazione non sia individuabile o non provveda agli adempimenti di legge e non provveda il proprietario del sito né altro soggetto interessato», come specifica il rapporto, è la Pubblica Amministrazione a doversi far carico delle necessarie operazioni di bonifica. Per questo motivo ci sono 2 specifici fondi pubblici per i siti orfani: uno di 105 milioni di euro (105.589.294, per la precisione) previsti per decreto dal ministero dell’ambiente, e altri 500 milioni di euro dal Pnrr. In questi confini, la regione con il più alto numero di procedure finanziate (dal ministero) di bonifica di siti contaminati è il Piemonte, dove il quadro porta ben 16 attività con copertura economica, pari a un quinto del totale nazionale. Lombardia e Liguria occupano le parti basse della classifica, entrambe con 2 procedure finanziate. I fondi del Pnrr sono poi messi a disposizione a patto che entro i primi 6 mesi del 2026 almeno il 70% della superificie dei siti orfani individuati da uno specifico piano d’azione nazionale sia riqualificata. La Lombardia è tra le regioni con il maggior numero di siti orfani finanziati con il Pnrr (18 siti sui 126 totali). In Piemonte sono 11, mentre in Liguria 2.

Le problematiche ambientali

«Le principali problematiche ambientali – per concludere la questione analizzando i tipi di contaminazione delle aree del Nordovest – sono quindi legate ad un passato caratterizzato da intensa attività antropica in particolare nel settore industriale che ha comportato il rilascio di sostanze tossiche nel suolo e nelle acque, oltre ai fenomeni di gestione inadeguata dei rifiuti, come le discariche abusive o non a norma o l’estrazione e produzione di materiali contenenti amianto, che hanno contribuito alla contaminazione delle falde acquifere e del terreno. Tra i contaminanti maggiormente riscontrati nei SIN, oltre all’amianto, si trovano metalli pesanti come ad esempio piombo, mercurio, arsenico e cadmio. Altri inquinanti frequenti sono gli idrocarburi policiclici aromatici (IPA), i policlorobifenili (PCB), le diossine e i furani, i solventi organo-clorurati, e ulteriori inquinanti specifici legati a particolari produzioni (ad esempio il beta-esaclorocicloesano beta-HCH ovvero uno scarto del lindano ovvero un pesticida vietato in Italia dal 2001 e principale fonte di contaminazione nel SIN Bacino del fiume Sacco). I SIN Balangero (sede della più grande miniera di amianto in Europa – Piemonte), Casale Monferrato (sede dello stabilimento Eternit – Piemonte), Emarese (attività estrattive e di smaltimento – Valle d’Aosta) e Biancavilla (attività estrattive – Sicilia) sono caratterizzati da una contaminazione prevalente legata alla presenza di amianto e materiali contenenti amianto (es. fluoro-edenite minerale anfibolo estratto presso la cava del Monte Calvario a Biancavilla). In questi ultimi siti gli interventi necessari riguardano prevalentemente la messa in sicurezza di tali materiali».