«Per tre giorni non è venuta a mangiare, l’hanno spaventata dei ragazzi che sono passati di qui col cane. Allora ho girato per i boschi chiamandola, urlavo: “Samira! Samira!”. La gente avrà pensato che ero matto, eppure poco dopo è arrivata…».
Nel gruppetto di casatesi che si è preso a cuore le sorti della manzetta scappata da Correzzana, c’è un pensionato che con lei ha instaurato un incredibile legame di empatia.
E’ lui che due volte al giorno le lascia nello stesso posto (un terreno tra i boschi della Valle della Nava), ormai da settimane, un mucchio di fieno e mangime. E la mucca in qualche modo sembra esprimergli riconoscenza.
Mucca in fuga, il racconto del pensionato che l’ha adottata
«Quelle che raccontano sono tutte balle, non è vero che è una bestia pericolosa, che potrebbe caricare o far del male a qualcuno, è buonissima – assicura l’anziano di Casatenovo – All’inizio devo dire che anch’io un po’ di timore ce l’avevo, infatti per fare la prima foto mi sono chiuso nella cabina del trattore. Poi col passare dei giorni piano piano mi sono avvicinato, ha capito che di me si può fidare, anche se appena metto la mano in tasca per prendere il cellulare si impaurisce e si allontana».

L’anziano che a tutti gli effetti ha adottato la scottona, che abbiamo incontrato proprio mentre sbucava tra gli alberi per verificare che la sua amica a quattro zampe avesse mangiato, indica un punto nel prato a una mezza dozzina di passi dal mucchio di fieno e mangime.
«Vede quei fiori? Ecco, sono arrivato fin lì qualche giorno fa. Io la guardavo fermo, in piedi, e lei mangiava. Per tutto il tempo abbiamo mantenuto il contatto con lo sguardo. Magari tra qualche tempo proverò ad avvicinarmi ancora un po’».
L’occhio del contadino, sicuramente più esperto di quello del giornalista, arriva anche a stimare il peso della manzetta. «Sarà cinque quintali di bestia: è imponente, bellissima, non ha un filo di grasso sulla pancia».

Dove mangia è noto, anche se chi la sfama non vuole che lo si renda pubblico (e quel patto non lo infrangeremo mai), nessuno sa però dove dorma.
«Presumo nel bosco – afferma il pensionato che le è affezionato – Di posti ce ne sono tanti. Meno male che in questi giorni ha piovuto, così può trovare in giro anche un po’ d’acqua».

Il desiderio è che la manzetta non venga portata via, ma che rimanga nel posto che ha scelto per vivere in libertà.
«Qui non le manca niente, le vogliamo tutti bene, non le faremo mai del male e lei non farà mai del male a nessuno. In strada tanto non ci va, perché il cibo glielo lascio apposta in un punto che non le permette di allontanarsi così tanto dal bosco».
Sul nome, però, non si discute. «Ho letto che la Brambilla l’ha chiamata Minerva. Non va bene, ce l’ha già un nome: Samira, come la valletta della Ruota della Fortuna. L’abbiamo vista noi per primi, quindi va chiamata così».