A cura di Daniele Boltri ed Enrico Papa, la mostra “Architetture Olivettiane” rientra nell’ambito del ciclo di quattro esposizioni per recuperare l’asilo Garbagnati, capolavoro del Razionalismo architettonico.
Un mese per la mostra “Architetture Olivettiane”
Nell’ambito del progetto di recupero dell’Asilo Garbagnati di Cermenate, promosso dall’Associazione Cesare Cattaneo Onlus e dall’Archivio Cattaneo in collaborazione con il Circuito Lombardo Musei Design, apre dal 20 settembre al 26 ottobre 2025 la mostra “Architetture Olivettiane” dedicata alle architetture residenziali e per la comunità, promosse da Adriano Olivetti nel territorio di Ivrea durante il XX secolo. L’esposizione – terza di un ciclo di quattro – è ospitata, come le precedenti, nella porzione dell’asilo già messa in sicurezza.
Al centro della mostra, a cura di Daniele Boltri ed Enrico Papa, fotografie, disegni e documenti relativi a quattro edifici selezionati dal volume “Architetture olivettiane a Ivrea. I luoghi della residenza e i servizi della comunità” (di Daniele Boltri, Giovanni Maggia, Enrico Papa, Pier Paride Vidari), edito da Archivio Cattaneo Editore con il patrocinio dell’Associazione Archivio Storico Olivetti, della Fondazione Adriano Olivetti e di Unesco. I quattro edifici sono il complesso di case per famiglie numerose di Figini e Pollini, l’unità residenziale ovest denominata “Talponia” di Gabetti e Isola, la scuola materna di Ridolfi e Frankl nel quartiere Canton Vesco e la scuola elementare di Quaroni e De Carlo, anch’essa a Canton Vesco.
Le opere di Olivetti
Industriale e editore di successo, Olivetti fu anche un instancabile promotore di interventi di grande interesse urbano e architettonico, coinvolgendo nelle progettazioni alcuni tra i migliori architetti del periodo.
Case per impiegati con famiglie numerose
Le prime azioni per realizzare abitazioni popolari a Ivrea si devono all’iniziativa privata di Adriano Olivetti che affida dal 1934 a Luigi Figini e Gino Pollini diversi studi sulle tipologie delle case per gli operai, con l’intento di “rendere accessibile a ogni nucleo familiare un’abitazione dai costi contenuti e con alti standard qualitativi”. Progettate dagli stessi architetti tra il 1939 e il 1941, esse volevano costituire il primo nucleo di un nuovo quartiere situato in una conca verdeggiante, circondata da ameni dossi collinosi, non molto lontana dalle fabbriche.
Ogni alloggio è distribuito su due piani più un piano terreno, con un antistante orto-giardino e, dal 1951, una piccola autorimessa. Il piano terreno è essenzialmente costituito da un grande ambiente aperto a guisa di portico verso l’orto-giardino. Tale ambiente è chiudibile durante la stagione fredda, e può essere adibito a stanza da gioco, a serra, a laboratorio, o altro. Il primo piano contiene un grande ambiente di soggiorno, nel quale a mezzo di una tenda poteva eventualmente essere ricavato un vano per dormire, la cucina, e un gabinetto con lavabo e vasca-lavatoio per la biancheria. Al secondo piano tre camere da letto e un bagno.
Unità Residenziale Ovest
Nei primi anni Settanta, l’infittirsi delle relazioni internazionali dell’azienda produce una crescente domanda di abitazioni temporanee da parte di dipendenti, consulenti e clienti in visita al quartier generale di Ivrea, alla quale l’azienda stessa risponde con la realizzazione tra il 1969 e il 1971, di questo complesso, progettato da Roberto Gabetti e Aimaro Isola.
L’edificio, lungo circa 300 metri, a pianta semicircolare, ha la forma di una “collina scavata su un lato” e affacciata su un bosco, servita da una strada coperta interamente percorribile: da qui il nome di “Talponia” attribuito scherzosamente all’edificio dagli eporediesi. Riguardo alle singole unità abitative gli autori scrivono: “Lungo gli undici metri di profondità delle cellule, si possono fare moltissime cose. Ad un estremo la vetrata occupa l’intiera parete, la luce è graduabile con tende bianche (…). Gli scatoloni blu, posati su una panca, contengono (sembra un gioco di prestigio) frigoriferi, fornelli, lavelli, armadi, armadietti; c’è un tavolino (che può alzarsi e abbassarsi), ci sono le panchette. Più sotto ancora, due lettini sono pronti: una modernfold taglia il soggiorno in due: si forma una camera da letto. Tutto è pronto così, ma può essere spostato in tantissimi modi, aggiunto, tolto, sostituito, annullato. Lo spazio quasi unico, può dividersi – diventare – spostando i mobili, tutto diverso”.
Scuola Materna in Canton Vesco
Sul finire del 1954 la Società Olivetti affida a Mario Ridolfi e Wolfgang Frankl l’incarico di realizzare un asilo nido (che non sarà poi realizzato) e una scuola materna nel quartiere Canton Vesco. Adriano Olivetti affida a questi professionisti così lontani dalla sua visione dell’architettura questo incarico per il desiderio di confrontarsi con le più aggiornate istanze culturali in campo architettonico. Così, “Ivrea accoglie opere di architettura come fossero quadri da collezione, mirando ad una qualità sempre meno legata a linguaggi precostituiti” (M. Tafuri). Al centro dell’area vengono previsti gli spazi di gioco all’aperto. La struttura viene realizzata in cemento armato e le murature di tamponamento in pietra locale, la diorite. Le aule sono illuminate da lucernari orizzontali e da grandi vetrate le quali, per evitare gli effetti negativi di una eccessiva insolazione, vengono schermate dalle pensiline e da grigliati in legno appositamente disegnati da Ridolfi. Questi grigliati rappresentano uno degli elementi di maggior perfezione artigianale di tutto il progetto, oltre alle bellissime cancellate in ferro battuto che, con i muri di basamento in diorite, delimitano l’intera area dell’asilo.
Scuola elementare in Canton Vesco
Fino dal 1950, all’interno del quartiere Canton Vesco era stato previsto un complesso di servizi su cui dovevano gravitare i nuclei residenziali. Nel 1955 Ludovico Quaroni e Adolfo De Carlo ebbero l’incarico per l’intero complesso. Il loro progetto immaginò quale fulcro la scuola elementare, dove la stessa funzione della piazza risulta di fatto sostituita dalla scuola, come centro della vita residenziale, caratterizzata dell’idea di “quartiere organico”, ampiamente sviluppata nelle esperienze urbanistiche dei primi anni ’50. La scuola venne progettata secondo i migliori intendimenti pedagogici del momento: è da rimarcare che si propose un modello didattico nuovo, tradotto spazialmente in un’aula comune centrale. Le aule speciali affiancano la sala comune, quindi seguono i servizi e infine gli spazi per l’insegnamento all’aperto. Il progetto risultò dunque come uno dei migliori esempi italiani d’edilizia scolastica della fine degli anni Cinquanta, e fu scelto per essere presentato alla XII Triennale di Milano.