Settimo Torinese (TO)

«Gli sbarchi a Lampedusa, anche di minori, mi hanno spinto a mettermi in gioco»

Già operativo nella protezione civile due anni fa è entrato nel Comitato locale e si occupa di inclusione sociale

«Gli sbarchi a Lampedusa, anche di minori, mi hanno spinto a mettermi in gioco»
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Impegno e passione. Edoardo Chianura dopo essersi messo per tanto tempo a disposizione della Protezione Civile, da due anni è approdato presso il Comitato di Settimo Torinese, ricoprendo il ruolo di delegato territoriale addetto all'Inclusione Sociale.

Il volontario Edoardo Chianura

«Il servizio che svolgo mi porta in Croce Rossa 3 o 4 giorni alla settimana: oltre alla presenza sul campo, il mio ruolo mi porta anche ad espletare alcune pratiche burocratiche. Le attività del mio settore sono rivolte alle persone fragili, all’ascolto di chi ha difficoltà economiche, al trasporto degli infermi».
Don Bosco, grande santo sociale torinese, diceva spesso ai suoi ragazzi che “in paradiso si va in coppia”, a sottolineare l’importanza delle relazioni nella definizione del proprio progetto umano: per Edoardo questa massima si è concretizzata in una chiamata all’azione a seguito di una profonda riflessione, assieme a sua moglie, già volontaria in CRI, scaturita dalle drammatiche vicende legate agli sbarchi di profughi, tra i quali molti minori non accompagnati, sulle coste di Lampedusa. Entrambi insegnanti, quindi con una specifica vocazione rivolta ai più giovani, hanno sentito forte la spinta a mettersi al servizio degli ultimi, dei meno fortunati e delle persone sole.

La scelta

«L'aspetto che più mi coinvolge e più mi piace delle funzioni che svolgo all'interno del comitato è quello di potermi relazionare con le persone che sono in difficoltà, tentando di aiutarle ed indirizzarle, cioè riuscire praticamente a essere un piccolo punto di riferimento per chi nella nostra comunità si trova in difficoltà. Un progetto che trovo sia molto qualificante per la CRI è quello delle “solitudini involontarie”, nel quale diamo uno spazio in cui potersi ritrovare e passare dei momenti assieme ad altre persone e a volontari, anche giovani, a persone che vivono la maggior parte del loro tempo in casa in solitudine».

Edoardo cita la parola “comunità” che sovente utilizziamo come termine generico per identificare le persone che condividono uno stesso spazio, ma che nelle sue affermazioni e soprattutto nel suo operato torna ad essere etimologicamente vivida: nella parola comunità convivono i due concetti di dono reciproco e di obbligo morale: «Il dono è una delle categorie fondamentali del nostro volontariato perché ci qualifica come persone anche se non riceviamo nulla in cambio. Qualche volta, magari in un momento in cui ti senti oppresso perché devi decidere rapidamente per risolvere una situazione, sorprendentemente la persona che vuoi aiutare capisce il tuo attimo di difficoltà ed ecco che sei tu a ricevere da lei conforto ed incoraggiamento. Alla base del nostro servizio c’è la relazione, prima di tutto tra noi volontari, per creare una squadra coesa e ben affiatata, sia nei momenti belli sia in quelli più complicati, e poi con le persone che si affidano a noi».
Come spesso accade a chi è entusiasta di una esperienza, anche Edoardo incoraggia i giovani ad avvicinarsi a CRI perchè: “non si tratta solo di salire in ambulanza. Ci sono tantissime attività che si possono fare crescendo come persone ed imparando tante cose che potrebbero essere spendibili nel mondo del lavoro. Ma anche chi è più avanti nell’età, compatibilmente con il tempo che si ha a disposizione, può approfondire e scoprire cose su se stesso e gli altri che altrimenti sarebbero difficili da conoscere.”