Miss Trans Global: "Portare a Sanremo la storia di queste ragazze"
A Sanremo il concorso a metà strada tra beauty pageant e attivismo Lgbtqia+

“Voglio portare la storia delle ragazze trans al mainstream”. A dirlo è Laura Pereira (nell'immagine di copertina), milanese, brasiliana di origine e sanremese di adozione, che il 31 marzo ha vinto il beauty pageant Miss Trans Global 2025, il contest per eccellenza dedicato alle persone transessuali, basato a Londra. La “queen 2025” con fascia e corona ha trionfato davanti a Dyosa Diwata (Miss Trans Global Europe) e Pharcy Pugong (Miss Trans Global Sapphire).
Miss Trans Global: "Portare a Sanremo la storia di queste ragazze"
Madrina dei Pride di Sanremo e Tortona e patron di Miss Trans Global Italy, che peraltro porterà per la prima volta nel Belpaese proprio nella Città dei Fiori a maggio, Laura ha conquistato un posto apicale tra i portavoce della comunità Lgbtqia+ italiana. La manifestazione, a Sanremo, che si articolerà su più giorni (9-10-11-12 maggio, residence Modus Vivendi), un connubio tra beauty pageant e attivismo. Il tutto mentre la Corte Suprema della Gran Bretagna, casa dello stesso contest Miss Trans Global, ha sancito con una sentenza a suo modo storica, la sola valenza legale del sesso biologico, tagliando fuori le persone trans dai servizi esclusivi del genere di transizione (riconoscendo, tuttavia, la necessità di non discriminare i transessuali). «E’ importante- spiega Laura- che le persone imparino a conoscere il nostro mondo. Non se ne parla molto, al giorno d’oggi. Però così si può vedere che le persone trans sono esattamente uguali a tutti gli altri. Quindi dovrebbero avere esattamente gli stessi diritti». L’abbiamo raggiunta per fare il punto della situazione all’indomani dell’importante vittoria e della sfilata sanremese (che ha aperto l’Onda Pride europea).
Miss Trabs Global non è solo un concorso di bellezza, giusto?
«E’ molto di più, anche se è una part fondamentale. E’ un’occasione per parlare della storia di queste
ragazze. Chi ha avuto figli, chi porta sulla propria pelle le cicatrici della transfobia. Sono messaggi che
bisogna far conoscere.»
Come è andata?
«Mi sono preparata molto lo scorso anno. Sono stata invitata perché in teoria, Miss Trans Global in Italia non è presente. Sono stata scelta anche in virtù del ruolo di portavoce della comunità trans in Italia. La corona è arrivata nel Belpaese, è bellissimo. Era parecchio tempo che l’Italia non vinceva un concorso trans o cisgender.»
Parliamo di lei, quando ha iniziato il percorso di transizione?
«Avevo 14 anni, in Brasile. Ho avuto la fortuna di ricevere da subito l'accettazione della mia famiglia che non è una cosa scontata. Ma non è stato facile, porto sul mio corpo le cicatrici della transfobia. Poi ho avuto la possibilità di studiare in Spagna. Una volta terminati gli studi, ho voluto agguantare il successo nella mia vita e mi sono spostata in Italia. L'ho percorsa tutta, da Nord a Sud, ho conosciuto tutte le comunità LGBTQ+ dello Stivale. Poi ho conosciuto mio marito e mi sono fermata a Milano».
Ci sono stati anche dei momenti difficili anche in Italia?
«Per una persona trans, in Italia, è molto difficile trovare lavoro. All'inizio ho fatto la sex worker, non mi vergogno ad ammetterlo e anzi lo rivendico. È grazie a questo lavoro che ho potuto costruire quello che ho oggi. Poi mi sono sposata e ho smesso. Adesso faccio la modella. Ho iniziato producendo gadget per Miss Trans Italy che poi vendevo nelle discoteche, tutto per promuovere il concorso e la comunità trans».
Curiosità, dopo il matrimonio in Italia, ha organizzato anche una festa a Imbituba, in Brasile...ha una peculiarità, vero?
«È vero, il mio matrimonio è stato il primo sposalizio di una persona trans con uno straniero nel mio Stato (il Brasile è una repubblica Federale, ndr). È stato bellissimo. Abbiamo fatto una grande festa. Il mio paese mi ha riaccolta benissimo, con la massima accettazione. È stato commovente».
Passiamo a Miss Trans Global Italy, che porterà in Italia...
«In Italia non c'era un Miss Trans Global, quindi ho acquistato il franchise e ho iniziato a organizzare la tappa. Sarà un concorso non dedicato solo alla bellezza delle ragazze. Anzi, l'obiettivo principale sarà farle conoscere tra di loro e portare all'attenzione del grande pubblico le loro storie ed esperienze, mettere sotto i riflettori il percorso delle ragazze transessuali italiane. Anche perché non se ne parla molto. Avremo molte testimonianze, dalle difficoltà lavorative agli atti transfobici fino al racconto di una giovane che ha ottenuto la protesi al seno pagata dallo Stato. Le persone trans devono farsi conoscere, la loro esperienza deve diventare la normalità. È uno dei passi per avere gli stessi esatti diritti di tutti gli altri».
Perché Sanremo?
«Ho pensato che parlare di determinati argomenti in un luogo in cui la comunità non è ancora così radicata e conosciuta, fosse più utile. ecco perché Sanremo invece che, per esempio, Milano. E poi, Sanremo è bellissima. Io ho la casa nella Città dei Fiori e la comunità è meravigliosa. Ci sono dei posti "queer" dove gli Lgbtqia+ possono interagire e scoializzare in sicurezza».
In termini pratici cosa accadrà?
«Nel resort sanremese che opsiterà il contest registreremo due episodi, uno preliminare e uno finale, che poi saranno trasmessi al grande pubblico in televisione. Ci sarà spazio per la produzione, le ragazze e i giornalisti e basta, senza pubblico e vorremmo condividere e registrare le loro interviste e esperienze di vita. Poi, ovviamente, ci saranno le sfilate in piscina, sul lungomare di Sanremo che, per altro, è bellissimo, serate di gala, pigiama party e una sfilata con gli abiti tipici che rappresentino la provenienza delle ragazze».
Perché proprio Sanremo?
«Perché è bellissima. Io ho casa nella Città dei Fiori e la conosco bene. E conosco molto bene anche la comunità. E poi perché quella milanese è più conosciuta. Ho pensato che fosse utile portare una manifestazione concepita per fare alzare la voce alle persone trans in un luogo dove la conoscenza del tema non è ancora così sdoganata».
Un messaggio per la comunità?
«È importante che se ne parli. Io non posso parlare del mio percorso di transizione in Italia perché l'ho fatto in Brasile. Ma le persone devono conoscere quello che accade nel loro paese e che c'è questa bellissima comunità».
Davide Izetta